The Dressmaker, la recensione: eclettico esercizio di stile tra commedia e drama

Kate Winslet in The Dressmaker

Vi è mai capitato di andare al cinema aspettandovi di vedere un certo tipo di film e ritrovarvi a guardare tutt’altro? E’ quello che mi è successo ieri sera durante la proiezione di The Dressmaker, comedy-drama di Jocelyn Moorhouse in uscita nelle sale cinematografiche il 28 aprile 2016. Vivace e piacevole, in alcuni momenti particolarmente esilarante, questo film è caratterizzato da uno stile di narrazione mutevole, che ad alcuni potrebbe anche non piacere.

In un primo momento, quando Tilly Dunnage (Kate Winslet) torna a Dungatar, minuscolo paesino nel deserto australiano in cui è nata, The Dressmaker – Il diavolo è tornato prende le fattezze di una commedia mirata alla vendetta. “Sono tornata, bastardi”, è la battuta con la quale la protagonista si introduce sulla scena, armata di solo di una macchina da cucire e del desiderio di scoprire come mai è stata esiliata da bambina ed eventualmente punire i responsabili. Arriva con un abito in stile Dior, in una cittadina anni ’50 in cui nessuno sembra prestare attenzione alla moda a parte il particolarissimo capo della polizia locale (Hugo Weaving). Il paese è surreale, ma forse nemmeno così lontano da quella che è la vera vita in una comunità così piccola: ficcanaso ed eccentrici, gli abitanti sono caratterizzati da una reale vena di cattiveria. Unico barlume di umanità è la madre di Tilly, Molly la matta (Judy Davis), che vive in cima alla collina con la sola compagnia di un opossum.

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Non manca l’amore, qui raffigurato sotto le piacevoli fattezze di Liam Hemsworth, che nel film veste i panni di Teddy, giovane dall’animo puro e sincero, che riesce a guardare oltre gli abiti sofisticati cuciti dalla bravissima Tilly.

Dopo un’ora e mezza di film, si dipana il mistero che avvolge l’infanzia della protagonista, raccontato con sequenze girate in stile spaghetti western, e tutto sembra volgere a una conclusione, come nelle migliori commedie. Ma… c’è un ma! Perché in 30 minuti può succedere ancora di tutto, così un film che sembrava ironico e divertente inizia a prendersi molto sul serio e perde completamente i toni comici iniziali, tra lutti, traumi ed eventi catastrofici.

Il film è davvero piacevole ed è impossibile non vedere un parallelismo con Chocolat (2000), pellicola in cui Juliette Binoche si trasferiva in una cittadina francese per migliorare la vita di tutti con i suoi dolci. in The Dressmaker, Kate Winslet lo fa con l’haute couture. Purtroppo certe persone sono troppo difficili da cambiare e, in alcuni casi, l’unica risposta plausibile è la vendetta.

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