Il 26 agosto di 13 anni fa veniva uccisa Sarah Scazzi, dal ritrovamento alle condanne della famiglia Misseri

Il 26 agosto di tredici anni fa Sarah Scazzi veniva uccisa per mano della cugina Sabrina Misseri e della zia Cosima Serrano. Il 21 febbraio 2017 la Corte di Cassazione ha infatti messo il sigillo giudiziario sulla vicenda e le ha ritenute entrambe colpevoli proprio di omicidio volontario condannandole all’ergastolo. Michele Misseri, invece, zio di Sara e padre di Sabrina, è stato condannato in via definitiva a otto anni di reclusione per il reato di occultamento di cadavere. Ripercorriamo insieme questa tragica vicenda affinché mai ci si possa dimenticare della giovane ragazza di Avetrana.

Sabrina Misseri, Sarah Scazzi e Cosima Serrano
Sabrina Misseri, Sarah Scazzi e Cosima Serrano – Nanopress.it

Riavvolgiamo il nastro. Il 26 agosto 2010, la quindicenne Sarah Scazzi è scomparsa in un tragitto di soli 600 metri. Un tragitto che separava la sua abitazione da quella degli zii Michele Misseri e Cosima Serrano. Quel giorno sarebbe dovuta andare al mare proprio con la cugina Sabrina, poco più grande di lei. Sabrina aveva ventidue anni, ma nonostante la differenza d’età che le separava le due cugine erano molto legate. Sabrina si comportava da sorella maggiore e spesso portava con sé Sarah durante le uscite serali

con gli amici. Quel giorno, però, le due cugine non arriveranno mai al mare. E Sarah non uscirà viva dalla villetta di via Deledda, dove la cugina abitava insieme alla mamma Cosima Serrano e al padre Michele Misseri. Nell’immediatezza della scomparsa, alcuni vicini di casa – che diventeranno poi testimoni chiave nel corso del processo – avevano dichiarato di aver visto Sarah percorrere proprio via Deledda ed entrare nell’abitazione. Smentendo quanto ricostruito da Sabrina, che aveva invece dichiarato di non averla mai vista quel giorno.  E di aver contattato i carabinieri proprio perché non si era presentata al consueto appuntamento.

Dietro indicazioni di quest’ultima, gli investigatori avevano ipotizzato inizialmente che potesse essersi trattato di un rapimento a scopo di riscatto, ma le condizioni economiche della famiglia Scazzi non giustificavano in alcun modo tale ipotesi. La seconda pista presa in considerazione era stata quella dell’allontanamento volontario. Ma anche tale ipotesi non aveva trovato nessun riscontro.

La svolta non si avrà fino al 29 settembre 2010, quando lo zio Michele si decise a far ritrovare il cellulare di Sarah. Lo smartphone era senza batteria e senza scheda Sim. L’uomo aveva raccontato agli investigatori di averlo rinvenuto in maniera del tutto casuale in mezzo ad un campo. Erano passati esattamente trentatré giorni dalla scomparsa della sedicenne, ma fino a quel momento le ricerche non avevano prodotto alcun risultato.

Incalzato da figlia e moglie, dopo aver fatto recuperare il cellulare di Sarah, Michele Misseri confessò di essere stato lui ad uccidere la nipote dopo aver tentato un approccio di matrice sessuale e di averne occultato il corpo all’interno di un pozzo in Contrada Mosca. Tuttavia, dietro spinta dagli inquirenti, di lì a poco darà un’altra versione dei fatti chiamando in causa la figlia Sabrina e attribuendole ogni responsabilità circa l’omicidio.

Sabrina è stata arrestata all’età di 22 anni il 15 ottobre 2010 proprio con l’accusa di omicidio volontario commesso in danno della cugina. Il movente è stato rintracciato nell’invidia e nella competizione tra le due, entrambe innamorate di un ragazzo, Ivano Russo. In particolare, Sabrina si era ingelosita per le attenzioni che Ivano riservava a Sarah. Una gelosia che si sarebbe trasformata di lì a poco in una furia omicida.

La figura di Cosima Serrano, zia di Sarah, è invece emersa successivamente nelle indagini. Nel dettaglio, Cosima è stata arrestata il 26 maggio 2011 con l’accusa di concorso in omicidio e sequestro di persona. Il suo ruolo, secondo i giudici, aveva a che fare con il rapporto con la sorella Concetta Serrano, che era anche la madre di Sarah.

Le condanne della famiglia Misseri

Secondo le indagini, il giorno dell’omicidio Sarah avrebbe raggiunto la casa di Sabrina per andare in spiaggia con lei. Tuttavia, dopo un litigio tra Sabrina e Sarah riguardo a Ivano, Sabrina l’avrebbe aggredita e uccisa all’interno della sua abitazione. Sarebbe stato poi Michele Misseri dietro le direttive di moglie e figlia a disfarsi del corpo. Nel 2017, la Cassazione ha confermato l’ergastolo per Sabrina e Cosima, mentre ha condannato Michele Misseri a otto anni di reclusione. Ed il prossimo anno, grazie agli sconti di pena derivanti dall’indulto, potrà già uscire dal carcere.

Michele Misseri
Michele Misseri – Nanopress.it

La personalità di Cosima e Sabrina Misseri

Sabrina Misseri ha manifestato sin dall’inizio delle indagini una sorprendente predisposizione criminale. Una giovane donna dotata di abilità che non solo le hanno permesso di eseguire l’omicidio della sfortunata Sarah e di gestire con imperturbabilità le fasi successive allo stesso, ma soprattutto di mettere in atto una strategia di depistaggio che si è protratta per oltre quaranta giorni dopo il tragico evento. Durante questo periodo, ha mantenuto un dominio assoluto su ogni membro della famiglia, dimostrando una padronanza straordinaria. Inoltre, da non sottovalutare ai fini personologici, è anche la sua

capacità di manipolare i mezzi di comunicazione tradizionali, soprattutto le trasmissioni televisive. Questo ingegnoso artifizio ha rappresentato sicuramente un elemento di grande novità nel panorama dell’informazione italiana. Sabrina Misseri ha tentato di veicolare le indagini verso un unico obiettivo: quello di addebitare ogni responsabilità dell’omicidio al padre Michele Misseri.

Dal canto suo la madre Cosima Serrano, nonostante la sua comprovata partecipazione attiva al delitto, ha adottato un approccio divergente rispetto a quello di Sabrina. Ha optato per una strategia più riservata, evitando i riflettori e forse affidando alla figlia il compito di attirare l’attenzione mediatica. Un ruolo culminato nella spinta verso l’ammissione della colpa proprio da parte di Michele Misseri. Questo atto di autoincriminazione è stato sorprendentemente accolto con favore, diventando il fulcro portante della difesa delle due donne coinvolte. Donne che, ancora oggi, portano avanti questa versione dal carcere di Taranto dove si trovano detenute e stanno scontando la pena dell’ergastolo.

Impostazioni privacy