Sciopero scuola: i precari scendono in piazza, ecco i motivi della protesta

Scuola sciopero

[didascalia fornitore=”ansa”] [/didascalia]
Lo scorso 23 marzo il mondo dei precari della scuola è sceso in piazza a Roma per uno sciopero proclamato dall’Anief contestuale all’insediamento delle Camere. La manifestazione è stata lo spunto per chiedere interventi ai nuovi parlamentari eletti e ai vari responsabili Scuola di partito.

In sintesi, i motivi dello sciopero Anief del 23 marzo con manifestazione a Roma erano i seguenti:
– riapertura delle GaE a tutti i docenti abilitati all’insegnamento, come già avvenuto nel 2008 (Legge 169) e nel 2012 (Legge 14)
– stabilizzazione di tutto il personale e risarcimento per l’abuso dei contratti a termine
– adeguamento dell’organico di fatto a quello di diritto, inclusi i posti in deroga per sbloccare assunzioni e trasferimenti
– allineamento degli stipendi all’inflazione, con il recupero dell’indicizzazione dell’indennità di vacanza contrattuale
– parità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale a tempo indeterminato, come indicato dalle pronunce della Suprema Corte di Cassazione
– riconoscimento del ruolo svolto dai facenti funzione Dsga e dei vicari dei dirigenti scolastici, dei nuovi profili del personale Ata e collaboratori scolastici, nonché dei servizi prestati in altro ruolo
– finestra a 61 anni per i pensionamenti di tutto il personale scolastico, allineando così l’Italia al trattamento adottato in diversi Paesi dell’Unione Europea.

Il giorno in cui si insedia il Parlamento è una data simbolica per manifestare – spiega a Labitalia il presidente Anief Marcello Pacifico – Nel giorno in cui la politica italiana riprende a valutare i suoi percorsi, “noi chiediamo alla politica di riaprire le gare come è stato fatto altre due volte”.

“Chiediamo di consentire non solo alle 50mila maestre con diploma magistrale, ma anche a chi si è abilitato con il ‘tfa’, gli insegnanti tecnico-pratici, a chi è laureato in Scienze della formazione, a chiunque è abilitato, di inserirsi in queste graduatorie, perché dalle graduatorie ogni anno chiamiamo 100mila supplenti e dalla graduatoria siamo chiamati ad assumere il personale”, prosegue Pacifico.

E ribadisce: “E’ una questione semplice il Parlamento ne deve prendere atto: è arrivato il momento che ascolti finalmente, in questa legislatura, non solo la piazza ma anche la coerenza, la ragionevolezza e l’intelligenza di cominciare a risolvere il problema del precariato che non può continuare in questo modo”.

Pacifico sottolinea anche che “Dopo tre mesi si aspetta un parere dell’Avvocatura che non arriva. L’Anief ha fatto avere un suo parere da parte di un eminente giurista che ha detto chiaramente: ‘chi è stato assunto dopo aver superato il periodo di prova non può essere licenziato’. Anief, in passato, quando ha organizzato altre manifestazioni, è riuscita a riaprire le gare”.

“Il problema del precariato non si risolve con una nuova fase transitoria, il nuovo concorso docenti, ma andando ad assumere coloro che ogni giorni insegnano nelle nostre scuole. L’unico modo per assumerli è inserirli nelle gare”. “Con la scuola dell’autonomia – chiarisce Pacifico – la stessa riforma Gelmini ed infine la Legge 107/2015, voluta contro tutto e tutti dal Governo Renzi, i compiti del personale Ata sono aumentati a dismisura. Basta mettere a confronto un contratto precedente al DPR 275/1999 per rendersi conto degli alti carichi di lavoro che gravano su questi dipendenti. Ma anziché incrementare il numero di Ata si è riusciti nell’impresa di ridurne la capienza. Lo stesso incremento di qualche migliaio di unità, cui abbiamo assistito quest’anno, è stato vanificato dai tagli che ‘sotto traccia’ si sono continuati a fare”.

“La stessa Buona Scuola di Renzi – ricorda il sindacalista – ha prima permesso il travaso di migliaia di posti ai lavoratori perdenti posto delle province, contro il quale abbiamo anche avviato una class action; successivamente, il Governo a maggioranza Pd ha dimenticato di inserire il personale Ata sia nel piano straordinario di assunzioni, sia nel potenziamento scolastico, come se i progetti e le attività aggiuntive si possano realizzare senza collaboratori scolastici e assistenti”.

“Poi c’è il blocco della mobilità professionale: da diversi anni, infatti, non si permette più alcun passaggio su ruolo superiore, pur in presenza di titoli di studio e comprovata acquisizione di competenze previo corso-concorso interno all’amministrazione, come prevista da una apposita legge. E che dire delle retribuzioni più basse della Pa italiana? Questi lavoratori continuano ad essere considerati di serie B: noi non ci stiamo, per questo siamo al loro fianco e intendiamo continuare le battaglie legali e legislative che oggi ci hanno portato a scioperare e a scendere in piazza a Roma”, conclude il sindacalista.

In collaborazione con AdnKronos

Impostazioni privacy