L’amore visto dai filosofi: dall’antica Grecia a oggi

l'amore visto dai filosofi

Per comprendere in che modo l’amore viene visto dai filosofi, bisogna partire dal presupposto che, declinato nelle forme più diverse, esso è uno dei temi più ricorrenti della filosofia occidentale. Oggetto di riflessioni etiche, teologiche, psicologiche e sociologiche, l’amore è il sentimento universale per eccellenza e racchiude in sé una grande varietà di atteggiamenti, che vanno dall’affetto alla dedizione più appassionata.

Già gli antichi Greci avevano dato all’amore quattro diverse ‘sfumature’, distinguendolo in amicizia, amore familiare, desiderio erotico (o romantico) e amore spirituale, prettamente disinteressato, smisurato, fraterno, quello che, tanto per intenderci, il Cristianesimo utilizza per definire l’amore di Dio nei confronti dell’umanità. In psicologia, invece, il sentimento amoroso presuppone, in primo luogo, uno scambio emotivo tra due persone, che deriva da due differenti necessità: quella (fisiologica) di gratificazione erotica e quella (psicologica) di natura affettiva. Come dicevamo, però, l’amore visto dai filosofi presuppone diverse interpretazioni che, dall’amore spirituale al desiderio carnale, sono state oggetto di studio dei pensatori più importanti della storia, vediamo brevemente quali.

L’amore nella filosofia antica

Il concetto di amore dunque implica una varietà di sentimenti che vanno dalla semplice affezione al desiderio di possesso, dall’amore verso enti (od oggetti) ideali a quello considerato come principio cosmico. E’ in quest’ultima accezione che il concetto compare per la prima volta in filosofia, con Empedocle che associa l’Amore ad una forza che agisce nell’universo in contrapposizione all’Odio. Dalla combinazione dialettica di questi due fattori (amore/odio) si determina il ‘divenire’ dell’Essere.
Per la maggior parte dei filosofi, tuttavia, l’amore è essenzialmente passione, istinto, desiderio fisico; molti pensatori antichi, invece, in primis Platone, Aristotele e Socrate, consideravano l’amore come un sentimento più ampio e, se vogliamo, molto più elevato. La teoria che Platone espone, ad esempio, nel Convito e nel Fedro, considera l’amore come l’attrazione esercitata dalla bellezza, per cui le sue forme sono tante quanto quelle del bello. L’amore, dice Platone, nasce a contatto con la bellezza sensibile ma da essa trascende passando alla bellezza dell’anima fino a quella intellegibile, che è la bellezza vera, quella assoluta. Con Platone, dunque, il concetto di amore assume una connotazione metafisica e diventa aspirazione al Bene e superamento della realtà sensibile.
Aristotele, invece, parte dalla distinzione tra ‘eros‘ (desiderio erotico) e ‘philia‘, considerando quest’ultima come quella forma d’amore finalizzata non all’interesse o al piacere personale ma al bene degli altri, senza volere in cambio qualcosa. Altro concetto aristotelico legato all’amore è quello che considera Dio come un ente perfetto che non ama il mondo ma da esso è amato: Dio, infatti, è l’oggetto del desiderio del mondo che, voglioso di raggiungere la perfezione, è attratto da Esso: da qui, quindi, il concetto di Dio come motore immobile.

L’amore nella filosofia moderna

L’amore visto dai filosofi moderni riprende, ad esempio con Spinoza, l’impostazione aristotelica di amore inteso come tensione verso Dio. Allo stesso modo con Hegel che considera l’amore come l’unità del sé con l’altro: la rinuncia di se stessi per identificarsi con gli altri costituisce, per il filosofo tedesco, il carattere infinito dell’amore, rappresentato, nella sua forma più alta, dal sacrificio di Cristo per gli uomini. Schopenhauer invece distingue tra amore come ‘eros’ e amore puro inteso come ‘caritas‘, concetto fondamentale dell’etica cristiana che invita ad amare il prossimo come si ama se stessi: il primo è il sentimento che favorisce la ‘propagazione della specie‘, il secondo si identifica con la compassione per il dolore altrui.
L’idea dell’amore come unità ed identità, infine, si ritrova anche in Feuerbach che vede il sentimento amoroso come il mezzo d’unione tra Dio e l’uomo.

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