Danish Hasnain, zio di Saman, rivela che la famiglia voleva uccidere anche lui

Danish Hasnain, a processo a Reggio Emilia per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Saman Abbas, avrebbe chiesto di essere interrogato per ribadire la sua versione: “Non ho ucciso io mia nipote, andavo d’accordo con lei”. Secondo il suo racconto, i parenti oggi imputati con lui avrebbero voluto ucciderlo imponendogli la stessa fine della 18enne per esserle stato accanto sostenendola nella sua relazione con il giovane fidanzato Saqib.

Danish Hasnain
Danish Hasnain – Nanopress.it

Le dichiarazioni di Hasnain seguono quanto reso in precedenza relativamente alla scomparsa e alla morte della nipote. Lo zio di Saman, indicato quale esecutore materiale del delitto dal fratello minore della vittima, continua a difendersi dicendosi estraneo all’omicidio e sostenendo di aver semplicemente accompagnato i cugini della ragazza, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, a seppellire il corpo nel casolare di Novellara dove poi lo stesso Hasnain avrebbe indirizzato gli inquirenti per il ritrovamento.

L’interrogatorio di Danish Hasnain: “Volevano uccidere anche me”

Lo zio di Saman, Danish Hasnain, avrebbe chiesto di essere interrogato dai pm e, il 10 marzo scorso, secondo Ansa, avrebbe reso alcune dichiarazioni aggiuntive alla versione già fornita agli inquirenti.

L’uomo, imputato con i due cugini e con i genitori della vittima, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, avrebbe ribadito di non essere stato lui a commettere l’omicidio.

Hasnain avrebbe detto agli investigatori di avere “solo” accompagnato i cugini Ikram e Nomanhulaq a seppellirla, tra le macerie del casolare abbandonato di Novellara in cui poi l’avrebbe fatta ritrovare.

Danish Hasnain avrebbe inoltre dichiaratio che i parenti volevano uccidere anche lui.

La versione dello zio di Saman che si difende dalle accuse

La versione dello zio di Saman contrasta con il quadro che sarebbe stato profilato in sede di indagini a suo carico, imputato per la morte della 18enne insieme ai quattro parenti nel processo che si è aperto a Reggio Emilia il 10 febbraio scorso.

RIS presso il casolare di Novellara
RIS presso il casolare di Novellara – Nanopress.it

Secondo l’accusa, Saman Abbas sarebbe stata assassinata nel contesto di un piano premeditato in ambito familiare perché si era opposta al matrimonio combinato in Pakistan, sua terra d’origine.

Una ribellione, stando alle ipotesi accusatorie, che la ragazza avrebbe pagato con il sangue per mano dei suoi familiari.

La giovane sarebbe stata attirata in trappola dai genitori, Shabbar e Nazia, e la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021, data dell’ultimo avvistamento, sarebbe stata uccisa e seppellita.

Il padre, arrestato in patria, attende l’esito della decisione dei giudici pakistani sulla richiesta di estradizione avanzata dall’Italia, la madre è ancora latitante.

Penso che mi abbiano chiamato perché volevano uccidermi per il mio buon rapporto con Saman, io ero d’accordo sulla sua relazione con Saqib“, avrebbe detto Hasnain nell’interrogatorio di pochi giorni fa.

Non avrebbe una spiegazione, però, sul motivo per cui gli sarebbe stata risparmiata la vita.

Secondo il suo racconto, riportato dall’Ansa, si sarebbe inoltre concentrato sulla grandezza della “buca” scavata per seppellire il corpo di Saman:”Era troppo grande per una sola persona e gli altri mi hanno incastrato perché sapevano che parlavo“.

Danish Hasnain ha consentito il ritrovamento del cadavere della nipote dopo oltre un anno dalla sparizione, conducendo i carabinieri nel luogo in cui la 18enne sarebbe stata sepolta nel 2021.

L’intervento di Hasnain, stando alla sua versione, sarebbe avvenuto a cose fatte, cioè quando l’omicidio si era già consumato: “Mi hanno chiesto una mano, ma non me la sentivo. Ho spostato a mani nude solo la terra a lato della buca. Poi sono tornato da Saman e ho continuato a piangere e parlarle“.

L’uomo avrebbe riferito una confidenza dei cugini di Saman: a uccidere la ragazza, secondo gli imputati, sarebbe stata la madre, Nazia, partita alla volta del Pakistan con il marito (padre della vittima, Shabbar) all’indomani della scomparsa della figlia e a ancora oggi irreperibile.

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