Il coronavirus attacca anche il cervello: l’allarme degli esperti

Da uno dei laboratori presso i quali si iniziano a testare le prime dosi del vaccino contro il Covid-19 arriva un’importante ricerca. A Pomezia, un gruppo di esperti ha scoperto che il coronavirus non colpisce soltanto i polmoni – come si pensava inizialmente -, ma va a danneggiare anche i reni, il fegato e il cervello.

Il coronavirus colpisce anche il cervello

Il coronavirus non attacca solo i polmoni, ma una pluralità di organi. I reni, il fegato e, ora è stato dimostrato, anche il cervello“. Queste sono le parole della direttrice scientifica di Advent-Irbm, Stefania Di Marco. Anche altre ricerche a livello internazionale hanno confermato alcuni effetti del Covid sul cervello dei topi. “Non mi aspettavo questi nuovi effetti – ha aggiunto Di Marco –. Un virus respiratorio di solito lascia cicatrici sui polmoni ma non intacca altro“.

Non si tratta comunque dell’unica voce che si è espressa a tale riguardo. Insieme a Stefania Di Marco, infatti, si è schierata anche la sorella Annalise Di Marco, che si occupa dell’High-Content Biology e Screening nella Irbm. “L’aggressione a più organi è la caratteristica che più spaventa del Covid“, ha raccontato Annalise a La Repubblica. Nella stessa direzione va anche il parere di Christian Montalbetti, direttore della sezione Chimica, che ha specificato come il virus abbia “una trasmissibilità elevatissima“.

La sperimentazione del vaccino

In concomitanza con gli studi realizzati sul Covid-19, prosegue nel laboratorio di Pomezia la ricerca di un potenziale vaccino. In particolare, i ricercatori stavano valutando l’Azd1222, uno dei più promettenti prima che venisse disposto lo stop a livello internazionale.

Piero Di Lorenzo, amministratore delegato della Irbm, ha riassunto le ultime novità rispetto alla sperimentazione del vaccino a Pomezia.  “Lo stop temporaneo dei test è stata una cosa di routine – ha dichiarato a proposito della sospensione degli studi sul vaccino di Oxford – . Capita quando il campione è ampio e composto anche da soggetti non perfettamente sani. Appena si è capito che la reazione avversa non era dovuta al vaccino, la sperimentazione è ripresa”.

Seguendo questi ritmi, quindi, “l’Italia avrà 3 milioni di dosi entro la fine dell’anno – ha poi aggiunto l’amministratore delegato di Irbm -, da somministrare alle persone più a rischio: anziani e operatori sanitari”. E sulla quantità di vaccini disponibili nel prossimo futuro, Di Lorenzo avverte che “se sarà necessario, siamo pronti a garantire 10 milioni di dosi all’anno“.

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