Protesi liquida della retina: Italia prima al mondo

Dalla ricerca italiana arriva un risultato straordinario: è stata messa a punto la prima protesi liquida della retina. Un risultato che promette di contrastare la sintomatologia di malattie che portano alla cecità come la retinite pigmentosa e la degenerazione maculare legata all’età. Il modello sperimentale di retina artificiale liquida, il primo al mondo, è stato sviluppato dai ricercatori dell’ITT di Genova e Milano. Ed è un’evoluzione del modello di retina artificiale planare sviluppato dallo stesso team nel 2017.

Chi ha lavorato alla protesi liquida della retina

Il progetto ha preso forma grazie alla collaborazione tra vari ricercatori. Nel dettaglio parliamo di scienziati del Center for Synaptic Neuroscience and Technology dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, coordinato da Fabio Benfenati, e un team del Center for Nano Science and Technology dell’IIT di Milano, coordinato da Guglielmo Lanzani. Insieme con l’Unità operativa di Oculistica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretta dalla dottoressa Grazia Pertile.

Lo studio sul primo modello sperimentale di retina artificiale liquida biocompatibile, ad alta risoluzione e microiniettabile è stato pubblicato sulla rivista internazionale Nature Nanotechnology.

Come è fatta la retina artificiale liquida

La protesi di retina liquida di nuova generazione è composta da una soluzione acquosa che contiene nanoparticelle polimeriche fotoattive. Queste particelle hanno la dimensione di circa 1/100 del diametro di un capello, e una volta iniettati vanno a prendere il posto dei fotorecettori danneggiati da malattie degenerative e invecchiamento, che in alcuni casi possono portare alla completa cecità completa.

Una volta impiantato nell’occhio, il foglietto ricoperto di polimero si comporta come un mini pannello fotovoltatico che trasforma l’impulso luminoso in impulso elettrico al cervello per la formazione dell’immagine.

Una nuova arma contro la cecità

La speranza per il futuro è quella di poter risolvere patologie come la retinite pigmentosa e la degenerazione maculare che si manifesta con l’invecchiamento, che portano alla progressiva degenerazione dei fotorecettori della retina, con il risultato di causare la cecità.

L’innovativo approccio sperimentale tutto italiano è meno invasivo e più performante di altre strategie esistenti. Oltre a permettere interventi più brevi e meno traumatici per il paziente, rappresenta una valida e più efficace alternativa ai metodi utilizzati fino ad oggi per ripristinare la capacità della retina di elaborare le immagini.

I risultati sperimentali gettano basi solide per futuri studi clinici sull’uomo e sono fonte di speranza per i pazienti con patologie a carico della retina. Senza dimenticare che lo sviluppo di questi nano-materiali fotosensibili fa da apripista a nuove applicazioni nel campo delle neuroscienze e della medicina.

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