Perù, la tensione non si placa: dalla presa di Lima fino alla rivolta di Puno

Il Perù sta attraversando proprio in queste ore una situazione delicata e preoccupante, che ha visto la popolazione adottare una strategia di conquista della capitale Lima per chiedere le dimissioni della presidente Boluarte e elezioni immediate, ovviamente dopo aver conquistato la piazza e le strade della città, si è verificata l’occupazione dell’ateneo San Marcos. Occupazione che ha decretato, poi, una massiccia azione della polizia nazionale peruviana, che ha liberato gli edifici universitari con l’utilizzo della forza dopo aver ricevuto la denuncia del fatto che i manifestanti avevano requisito l’attrezzatura dei guardiani di sicurezza.

Perù proteste
Perù, manifestazioni a Lima – Nanopress.it

Tutto questo sta succedendo a causa della destituzione del presidente Castillo che, il 7 dicembre 2022, ha dichiarato, con un discorso in diretta tv, alla Nazione che decretava lo scioglimento delle Camere e quindi di conseguenza la caduta del Congresso ma anche l’avvio di un governo provvisorio di emergenza. Questa decisione ha preso alla sprovvista anche gli alleati di Castillo, che hanno dato le loro dimissioni dalla carica dei ministri. Successivamente, l’ormai ex capo di Stato, ha tentato la fuga verso l’ambasciata messicana di Lima, ma è stato intercettato dai cittadini che lo hanno tenuto tutto nella sua auto insieme alla famiglia fino all’arrivo delle forze dell’ordine che lo hanno poi tratto in arresto.

Immediatamente la popolazione è scesa in strada per protestare e si sono sollevati inoltre moltissimi dubbi in merito al fatto che, il discorso fatto da Castillo, provenisse dalla sua volontà. Colleghi e cittadini, dopo aver ragionato a mente fredda sull’accaduto, hanno ipotizzato che l’ex presidente sia stato costretto a compiere un’azione del genere. Questo perché, nonostante Castillo avesse in programma una mozione di sfiducia, ne aveva già superate due senza il minimo problema e avrebbe potuto superare anche la terza, in programma soltanto qualche ora dopo il suo discorso televisivo.

Secondo i sostenitori di Pedro Castillo si tratta di una manovra che lo ha poi condotto all’arresto e difatti ha ricevuto una condanna dall’Alta Corte, pari a 18 mesi di reclusione, senza avere la possibilità di dichiarare la sua posizione al popolo che ne chiede difatti la liberazione. Ciò che però ha portato alla protesta in atto a Lima, che in realtà è diffusa in tutto il Perù, è il fatto che la popolazione non accetta come presidente Dina Boluarte. I cittadini non si sentono tutelati dalla presidente che ha assunto la sua carica in quanto vice di Castillo. Nonostante sia stato attuato tutto in maniera democratica, i cittadini, chiedono a gran voce elezioni immediate e non hanno intenzione di mollare il colpo finché non verrà stabilizzata la situazione del Paese, che era già attraversato da un’enorme crisi economica. Il Perù continua a vedere un’instabilità politica che non fa che gettare ancora più nell’oblio la nazione.

Perù,  la presa di Lima

In Perù è stata organizzata una marcia che ha visto confluire moltissimi peruviani verso la capitale per la manifestazione ribattezzata la Presa di Lima, chiamata anche Marcia dei 4 Suyos , che ha preso il via giovedì 19 gennaio in diverse parti della capitale peruviana.

Moltissimi peruviani si sono messe in marcia da ogni regione peruviana, anche le più remote, come ad esempio Ayacucho, Arequipa, Cusco, Puno e Apurímac per raggiungere la capitale  e chiedere la chiusura del Congresso , un’assemblea costituente e, soprattutto, le dimissioni di Dina Boluarte.

La situazione è andata via via peggiorando, causa del fatto che nei giorni scorsi sono avvenuti 51 decessi durante le proteste peruviane e questo ha generato ancora più malcontento. La voglia popolare di votare i propri rappresentanti politici, senza essere sempre costretti a sottostare a dinamiche che vanno a violare i diritti costituzionali e democratici dei cittadini, è evidente e prepotente.

Se inizialmente le proteste erano sembrate pacifiche, successivamente, si è creato completamente il caos a Lima e i cittadini arrivati da ogni parte del Perù hanno occupato l’ateneo San Marcos e si sono accesi, poi, scontri importanti tra manifestanti e polizia nazionale peruviana.

Durante gli scontri, si apprende dai media locali come la Republica, che la polizia durante uno scontro ha probabilmente lanciato una bomba lacrimogena che, però, ha innescato un incendio davvero importante, che ha generato fiamme in un edificio di vari piani e purtroppo molte famiglie sono rimaste senza casa a causa delle fiamme che hanno invaso le loro abitazioni e le hanno letteralmente disintegrate. Non è ancora stato accertata l’origine dell’incendio e le indagini sono ancora in corso.

La marcia iniziata giovedì 19 gennaio ha provocato numerosi feriti, arresti e distruzione fino ad arrivare alle famiglie senza casa, consumate dalle fiamme di un incendio che, secondo il proprietario, è stato provocato da un bomba lacrimogena lanciata dalla polizia durante lo scontro con i manifestanti, anche se finora non se ne conosce l’origine ed è in corso di accertamento.

Man mano che la situazione diventava più nervosa, diverse delegazioni del sud del Perù hanno cominciato a mobilitarsi dall’Università Nazionale di San Marcos (UNMSM) e dall’Università Nazionale di Ingegneria (UNI), iniziando un presidio interno. Altri gruppi di persone si sono radunate in punti strategici come le piazze San Martín e Dos de Mayo.

Una delle manifestanti ha dichiarato ai media locali: “Stiamo lavando la bandiera del nostro Perù, sporcata dal sangue dei nostri fratelli delle province. I membri del Congresso, i militari, il presidente golpista l’hanno sporcato“. La donna stava immergendo la bandiera nazionale in acqua e detersivo, sperando che il liquido e le sostanze chimiche pulissero il sangue degli assassinati e la tristezza dei loro parenti che non potevano vedere realizzati i sogni dei loro morti.

Mentre le ore passavano, i manifestanti mantenevano la posizione sia all’interno dell’Università San Marcos ma anche nelle strade di Lima e dato che alle 17 del 21 gennaio ancora nessun manifestante aveva mostrato intenzione di liberare l’ateneo è stata richiesta ufficialmente la partecipazione del corpo di polizia in assetto anti sommossa e, secondo i dati ufficiali delle autorità peruviane, sono stato mobilitato 10.000 poliziotti e poco dopo è iniziata la repressione governativa.

I manifestanti intonavano slogan che precisavano il loro diritto a protestare e molto dei cittadini hanno anche rivolto domande alle forze dell’ordine, come per esempio: “Stiamo combattendo per voi, per i vostri figli. Che paese ti lasceranno?”.

Ma alle parole è stata data risposta con lacrimogeni e proiettili. I suoni assordanti e il bruciore alla gola e al viso hanno provocato un fuggi fuggi generale dei manifestati che ha generato panico e ulteriori feriti durante la calca per cercare riparo dai lacrimogeni.

Il confronto si è intensificato con il passare delle ore. Sono arrivate le 20:00 e proprio a quell’ora sono partite esplosioni dall’esterno della barriera della polizia, mentre le forze dell’ordine continuavano a lanciare gas lacrimogeni. La notte è stata caratterizzata dalle fiamme divampate nell’edificio coloniale situazione a, circa, mezzo isolato da piazza San Marti. I media hanno mostrato persone in lacrime che cercavano di recuperare ciò che potevano dalle abitazioni ancora raggiungibili all’interno dell’edificio.

Lo sgombero avvenuto all’interno del universitari all’ateneo San Marcos, dove la polizia nazionale peruviana, chiamata a che PNP, hanno provveduto utilizzando mezzi corazzati a catturare i manifestati in maniera decisa.

La Procura, secondo la versione statale, ha precisato che, tra i protestanti, sono state arrestate tre persone presumibilmente legate al terrorismo. Finora le loro identità non sono state rivelate, ma sarebbero trattenuti per 15 giorni.

Il Ministero dell’Interno ha confermato, attraverso un comunicato, che l’intervento presso le strutture del Dean of America è dovuto a una denuncia presentata dal rappresentante giudiziario dell’università, indicando che, un gruppo di circa 300 persone è entrato illegalmente e violentemente nella Casa di Studi.

Alfonso Barrenechea, coordinatore nazionale della Prevenzione Crimine del Pubblico Ministero, ha indicato che a 20 pubblici ministeri è stato ordinato di recarsi presso i commissariati, oltre a otto medici legali di effettuare accertamenti medici al fine di accertare che tutto si sia svolto in maniera legale.

Uno scenario di guerriglia urbana che ha messo in subbuglio Lima e ha mostrato, chiaramente, sia la posizione del popolo che continua a chiedere le dimissioni di Boluarte, che si contrappone con la posizione governativa che afferma di essere nel giusto processo democratico e istituzionale.

Le manifestazioni non sono state attuate dai peruviani, soltanto nella capitale ma in tutto il Perù. Il sud della Nazione è stato devastato anch’esso dalle proteste che proseguono ormai da un mese ma hanno preso, ovviamente, una piega differente durante gli ultimi giorni.

Proteste accese al sud

Continuano le proteste al sud del Perù dove i cittadini non danno tregua né alla Polizia di Stato né alla loro richiesta di dimissioni di Dina Boluarte. Diverse strade di Arequipa sembrano siano ancora bloccate, ma il punto di scontro tra manifestanti e forze dell’ordine si concentra intorno all’aeroporto Alfredo Rodríguez Ballón e al ponte Añashuayco , che porta  all’autostrada Arequipa-Puno .

Un’altra regione dove la voce della protesta non cessa è Puno che è protagonista in questa protesta peruviana. In molte province della regione si registrano scontri tra manifestanti e polizia, che si sono conclusi con dei morti. In questa regione, l’escalation della violenza è in costante aumento.

Attraverso i video ripresi dai cittadini si vedono due poliziotti che sparano all’impazzata contro la popolazione di Ilave ,motivo per cui la capitale di El Collao è sconvolta e indignata per la brutalità e ferocia della polizia contro gli abitanti in protesta.

I cittadini di Puno si sono definiti in stato di emergenza dopo che la mattina di questo sabato, 21 gennaio, la Polizia Nazionale è entrata nelle strutture dell’Universidad Nacional Mayor de San Marcos (UNMSM), per sfrattare e arrestare diversi cittadini che si erano recati a Lima per protestare contro Boluarte, molti dei quali fanno parte dell’entourage di Puno. Spontaneamente, studenti universitari e avvocati hanno intrapreso il viaggio nella capitale mentre in centinaia sfilano per le strade di Puno a sostegno dei concittadini in viaggio e per continuare a chiedere nuove elezioni.

Ad Arequipa, i manifestanti hanno bloccato la strada al ponte Añashuayco. Si tratta di persone contrarie al regime di Boluarte, che bruciano pneumatici all’uscita del ponte. Nel frattempo, i civili cercano percorsi alternativi per raggiungere la loro destinazione. Disagi che però sembrano non fermare le proteste e nemmeno infastidire più di tanto chi i cittadini che proseguono una vita normale.

Le proteste però hanno provocato morti durante gli scontri tra polizia e manifestanti. I decessi sono arrivati a 51 e la tensione così come il nervosismo persistono e ora si combatte anche per i deceduti.

Questo sabato non ci sono stati conflitti fuori dall’aeroporto Alfredo Rodríguez Ballón di Arequipa, esattamente nella zona del ponte Añashuayco. Tuttavia, la polizia rimane in quel luogo ei soldati hanno formato delle barricate all’interno dell’aerostazione data la presenza di massicce proteste dei giorni scorsi.

Dopo le violente manifestazioni avvenute nella città di Ilave, 4 cittadini detenuti sono stati trasferiti al complesso di polizia della città di Puno per proseguire con i rispettivi procedimenti legali e giudiziari.

Secondo quanto riferito dal PNP, questi cittadini sono stati trovati con molotov, attrezzatura e pietre con cui stavano attaccando le forze dell’ordine.

I parenti di questi detenuti hanno chiesto alla polizia di mostrare le prove di queste accuse e verificare che le accuse mosse siano effettivamente nate da fatti concreti.

I cittadini della città di San Ignacio, a Cajamarca, hanno aggredito la deputata di Fuerza Popular, Tania Ramírez, che si trovava nel Nueva Esperanza Population Center.

I manifestanti, che sono rimasti davanti alla casa del legislatore fino alla sua partenza, hanno usato bastoni e pietre per attaccare il veicolo dell’ex Fujimorista.

Emerge che I cittadini della città di Andahuaylas hanno scoperto e fermato un agente sotto copertura che era tra i cittadini che protestavano in questa città.

Secondo quanto detto da questo poliziotto infiltrato, il suo obiettivo nel corteo era fotografare i civili e le targhe delle auto che si aggiravano in questa zona.

Scontri a Cusco Perù
Scontri a Cusco in Perù – Nanopress.it

Allo stesso modo, questo agente è stato trovato con una fionda nello zaino e quando gli è stato chiesto di questo, ha detto solo di averlo trovato per strada. Tensione e nervosismo estremo che necessita di un controllo costante e che si appresta a mettere a soqquadro Il Perù nei prossimi giorni.

Le autorità chiedono calma ma sembra che per ora sia impossibile sedare del tutto il malcontento che continua a crescere.

 

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