Omar Marong laureato in Scienze Politiche: era arrivato in Italia su un gommone

Omar Marong è un giovane 25enne partito dal Gambia nove anni fa alla volta dell’Italia, arrivato qui su un gommone e oggi laureato in Scienze Politiche alla Federico II di Napoli. La sua storia insegna che la forza di volontà può superare e abbattere qualsiasi ostacolo.

Migranti
Migranti – Nanopress

La storia di Omar Marong è una storia di rinascita, rivincita, vittorie conquistate piano piano, con tenacia, determinazione, forza di volontà. Questa storia, sia chiaro, comprende anche paura, pericoli, dolore, ma insegna un’importantissima lezione di vita: chi vuole davvero raggiungere un obiettivo, non si lascerà fermare da nessun ostacolo, neanche dal più alto.

Omar Marong: dal gommone per arrivare in Italia alla laurea

Parte dal Gambia a bordo di un gommone, attraversa il Mar Mediterraneo e arriva in Italia, lasciando dietro di sé la scia di disperazione che quel viaggio – lungo, doloroso e ricco di pericoli – aveva portato. Qui inizia a studiare, riesce a laurearsi ed è così a un passo dal sogno di diventare diplomatico oppure ministro. Non è questa la trama di un film: è una storia vera che parla di rinascita, di un nuovo inizio, di una nuova vita. Il protagonista è Omar Marong, l’università che ha frequentato, concludendo brillantemente il percorso di studi è la Federico II di Napoli, la facoltà è Scienze Politiche, la tesi è incentrata sugli aspetti storici del suo Paese.

La sua storia inizia nove anni fa. Omar non era un ragazzino come tanti: aveva sogni, ambizioni, desideri troppo grandi per il suo Paese di origine, il Gambia appunto, che non sarebbe riuscito a contenerli tutti e a permettergli di tramutarli in realtà. Ha ben chiara davanti a lui quale vorrebbe che fosse la sua strada, ma è consapevole allo stesso modo che finché resterà nei confini di quel Paese marcato dalla dittatura, in cui le persone non hanno diritti, sarà impossibile percorrerla, perché lì sarà sempre troppo lontana da lui.

Omar ha 16 anni, sa che per fare quello che vorrebbe nella vita dovrà studiare, ma sa anche che andare a scuola nel Gambia è difficilissimo, più di quanto si immagini. Viene da una famiglia allargata: il padre è poligamo, così ha tre mamme e una ventina tra fratelli e sorelle. E così lui teme che il suo turno per studiare non sarebbe mai arrivato oppure che il papà avrebbe terminato i soldi prima di permettergli di farlo.

Omar però sa perfettamente che è ancora in tempo per dare una svolta alla sua vita, così un giorno decide di recarsi nel nella bottega in cui commercia stoffe e di rubargli l’equivalente di circa 90 euro (che basteranno solo all’inizio, perché poi dovrà trovarsi dei lavoretti per arrangiarsi da solo, tra cui quello che lui definisce “customer care”, che consiste in pratica nel fare da intermediario con altre persone per convincerle a partire).

Allora parte, senza voltarsi indietro, con una valigia piena di sogni e poco altro, perché di spazio per cose materiali in quel viaggio non ce n’era affatto. Da da Ebo Town – un sobborgo della capitale Banjul – parte e in pullman arriva in Senegal, poi si reca in Niger e da lì, su un piccolo camion, riesce a raggiungere la Libia. A quel punto sale su un gommone di scafisti e riesce a raggiungere Pozzallo (in Sicilia), poi Agrigento e infine Napoli, dove di fatto inizierà a vivere.

Prima di partire alla volta del Mar Mediterraneo, chiama i suoi genitori, che pensano sia semplicemente in un villaggio vicino casa loro, perché, se fossero stati a conoscenza della sua iniziativa, avrebbero probabilmente fatto di tutto per bloccarlo. Quella chiamata Omar teme che potrebbe essere l’ultima, perché sa “di avere più probabilità di morire che di sopravvivere” e allora decide di confessare tutta la verità alla sua famiglia.

Omar Marong
Omar Marong – Nanopress

La parte più difficile del viaggio? Lo ha raccontato lo stesso Omar in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera: il deserto. “Là dopo dieci minuti non sai più qual è la destra e quale la sinistra, se ti fermi in un punto sbagliato muori e nessuno ti aiuta. Con il mio gruppo siamo fuggiti anche dai banditi che volevano derubarci”. Eppure la sua “permanenza” nel Sahara è durata ben undici giorni, seguiti poi da tre giorni in mare alla volta dell’Italia. Quello che è accaduto in Italia poi è stato un susseguirsi di eventi che lo ha condotto al punto in cui è oggi.

L’arrivo in Italia e la svolta alla sua vita

Omar – dopo giorni lunghissimo di viaggio – finalmente arriva in Italia, dicevamo. Qui riesce a realizzare il suo sogno: studiare. Ad aiutarlo è soprattutto la Comunità di Sant’Egidio, che gli permette di frequentare la scuola di italiano. Così riesce a prendere prima la maturità e poi a laurearsi, con il sostegno di una borsa di studio della Fondazione Aurora.

Oggi lavora in un negozio Zara, ma contemporaneamente sta già frequentando le lezioni del corso di laurea magistrale in International Relations (sempre alla Federico II, la stessa università in cui si è laureato alla triennale). Ma non solo, perché lavora anche per la comunità come volontario, aiutando i bambini e i senza dimora.

“Ho scritto una lettera di quattro pagine per ringraziare tutti, innanzitutto il mio relatore Francesco Dandolo e gli amici come Francesco e Maria Grazia con le loro famiglie”. Nel frattempo, memore del piccolo “furto” al padre, è riuscito comunque a restituirgli tutto, ma a far piangere di gioia sua madre non è stato sicuramente questo: vedere il figlio laurearsi – anche se solo in video – per lei è stato motivo di orgoglio infinito.

Per Omar questo enorme traguardo raggiunto, però, è stata anche un’occasione per poter fare luce sui diritti dei migranti. La festa organizzata da lui e per lui all’Asilo Filangieri, infatti, più che un party, è diventata una sorta di meeting sull’inclusione, fatta di piatti tipici dell’Africa occidentale, canti e balli, ma anche di discussioni costruttive su questo tema.

Del resto, come lui stesso ha ammesso “qui in Italia non avete le idee chiare sull’immigrazione e sull’integrazione e non sapete veramente noi chi siamo”. Sì, perché ad aiutare lui – e tutti gli ex bambini come lui considerati “minori non accompagnati”, che vengono lasciati da soli, in balia di sé stessi, senza diritti di cittadinanza – non è stato lo Stato, ma un sistema solidaristico, lo stesso che ha permesso ad altri tre giovani di laurearsi (sempre a Napoli) dopo aver percorso il suo stesso tragitto su un barcone.

Oggi il sogno di Omar è diventare un diplomatico o un ministro. Ma attenzione, perché vorrebbe esserlo nel Gambia. “Voglio essere un cittadino, non un italiano”, ha commentato il diretto interessato.

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