Minoranza PD: nomi e cognomi dei fratelli coltelli di Renzi

Incontro della minoranza PD: Bersani ed Epifani


C’è una minoranza nel PD che mette i bastoni tra le ruote a Matteo Renzi. Tanto che, secondo gli analisti più catastrofisti, sul partito del premier aleggerebbe addirittura il fantasma scissione. In fondo parliamo di un partito storicamente diviso tra correnti, correntine, franchi tiratori e fratelli coltelli. Chi fa parte della minoranza PD? Chi fa dormire sonni agitati al premier, in vista del Referendum Costituzionale del 4 dicembre?
È proprio sul voto al referendum che lo strappo si è fatto più netto. L’Italicum, in particolare, ha fatto storcere il naso ai ribelli i quali hanno annunciato che, salvo modifiche alla legge elettorale (non rendendo più ineleggibili i senatori, ad esempio) voteranno NO il 4 dicembre.

Pierluigi Bersani, simbolo della minoranza, ha spiegato che a preoccuparlo è la combinazione referendum-Italicum: “da sola” la riforma non cambia la forma di governo, “ma in combinazione con la legge elettorale la cambia radicalmente. Si va verso il governo di un capo, che nomina sostanzialmente un Parlamento che decide tutto, anche con il 25% dei voti”. Bersani è stato uno dei protagonisti del pomeriggio dei lunghi coltelli alla direzione nazionale del Pd del 10 ottobre. Il predecessore di Renzi alla guida del partito (breve parentesi di Guglielmo Epifani a parte), l’uomo che aveva promesso di “smacchiare il giaguaro” ma non riuscì a vincere le elezioni nemmeno contro un Berlusconi politicamente moribondo, ha ufficializzato la scelta di votare NO al referendum se non cambiano le cose. Voterà contro il suo segretario ma giura che lui dal Pd non uscirà: “Invito tutti i commentatori a levarsi dalla testa la scissione. Per quel che riguarda me, a portarmi fuori dal mio partito ci può riuscire solo l’esercito”.

Incontro della minoranza PD: Speranza

In ascesa è il giovane deputato Roberto Speranza, leader di Sinistra Riformista. Stessa corrente di Bersani. Anche lui voterà NO, anche lui non ha intenzione di staccarsi dal Pd: “Vorrei tranquillizzare gli elettori: la scissione non esiste. Nessuno ha intenzione di lasciare il Pd né penso che Renzi abbia intenzione di cacciare nessuno”. Speranza è entrato in rotta di collisione con Renzi quando, il 15 aprile del 2015, si dimise da capogruppo PD alla Camera in contrasto con la decisione del governo di porre la fiducia sull’Italicum. “A prescindere dal risultato finale, SÌ o No, io lavorerò fermamente per tenere unito il Pd e contro ogni scissione”, ha assicurato.

Altri appartenenti alla minoranza PD sono i 21 senatori che hanno sottoscritto il Mattarellum 2.0, il testo con la proposta di una nuova legge elettorale: Federico Fornaro, Carlo Pegorer, Miguel Gotor, Maurizio Migliavacca, Maria Cecilia Guerra, Paolo Corsini, Silvio Lai, Lodovico Sonego, Lucrezia Ricchiuti, Erica D’Adda, Doris Lo Moro, Massimo Mucchetti, Maria Grazia Gatti, Sergio Lo Giudice, Nerina Dirindin, Walter Tocci, Patrizia Manassero, Claudio Broglia, Felice Casson, Ugo Sposetti e Luigi Manconi.

Tra loro Miguel Gotor, bersaniano di ferro come Guglielmo Epifani, ex Segretario Generale della CGIL dal 2002 al 2010. Gotor ha chiesto a Renzi “la modifica dell’Italicum nel senso di una maggiore rappresentatività, un cambiamento che, ovviamente, dovrebbe intervenire prima della celebrazione del referendum”. Altrimenti il NO alle urne è scontato.

Stesso pensiero di Gianni Cuperlo, esponente della corrente Sinistra Dem. Dopo la direzione nazionale ha parlato di spettro scissione: “Mi sembra che nel partito si sia smarrito il senso della comunità”. Il deputato ha annunciato che se Renzi non modificherà la legge elettorale lui voterà NO, e in questo caso si sentirà anche in dovere di dimettersi.

Altri antirenziani sono Nico Stumpo, Massimo Mucchetti e Davide Zoggia. Quest’ultimo ha annunciato il NO ma ha anche tranquillizzato Renzi: “Se vince il NO si aprirà una fase politica nuova, ma noi non chiederemo assolutamente a Renzi di dimettersi”.

Massimo D'Alema ospite a Otto e Mezzo

E poi c’è “Baffino”: Massimo D’Alema ha creato direttamente il Comitato per il No per il referendum. “La vittoria del No segnerebbe la fine del partito della Nazione renziano. Il che sarebbe un bene per il Pd e per il Paese”, ha detto alla presentazione dell’iniziativa. È forse riduttivo, però, inserire l’ex presidente del Consiglio nella minoranza. Per molti, infatti, è lui il deus ex machina, il tessitore di trame, l’agitatore, l’uomo ombra a capo del malcontento: è lui la vera spina nel fianco di Renzi.

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