In vacanza vedono la giacca di un migrante morto in mare, decidono di cambiare vita

Il loro lavoro è fare gli eroi: sono Chris e Regina Catrambone, una coppia italoamericana di imprenditori che ha deciso di fondare nel 2014 un’organizzazione per soccorrere i migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Sulla home page del sito ufficiale di Moas, questo il nome dell’organizzazione, campeggia un contatore che registra il numero di vite umane salvate finora, 4.441. L’ultimo soccorso ad opera della coppia risale a sabato scorso, quando hanno consegnato un carico di immigrati, per l’esattezza 405, a Messina.

Regina ha conosciuto Chris qualche anno fa a Reggio Calabria, quando lui si era trasferito nella città per ritrovare le proprie radici italiane, dopo essere stato costretto a lasciare New Orleans a causa dell’uragano Katrina. Tutto è cominciato nell’estate del 2013, quando durante un viaggio in barca a motore verso Tunisi la coppia scorge in acqua una giacca beige, pensando che sarebbe potuta appartenere a qualche povero disperato vittima dei naufragi di clandestini. Da quel momento Chris e Regina hanno deciso di partecipare attivamente ed aiutare queste persone, acquistando una nave con i soldi che avevano messo da parte per una futura casa dove vivere insieme.

Finora la loro missione gli è costata 8 milioni di dollari solo l’anno scorso: «Nel 2014 abbiamo finanziato l’operazione con le nostre risorse, non ci sembrava giusto chiedere un aiuto solo sulla base di un’idea. A ottobre, chiusa la prima campagna con un bilancio di 3 mila persone soccorse, abbiamo aperto una sottoscrizione che finora ha fruttato circa 100 mila euro, oltre ai 180 mila euro donati da un imprenditore tedesco», ha detto Regina.

Un esempio per tutti

Quando sul web qualcuno si permette di avanzare la classica domanda polemica “Perchè non li ospitate a casa vostra?“, Regina e Chris rispondono che casa loro è il mondo stesso: «Non c’è un’umanità di serie A e di serie B. Io non sapevo cosa fosse l’orrore prima di quest’esperienza. Ho visto persone stipate come sardine nella stanza dei motori, senza aria, in mezzo ai loro stessi bisogni. Le foto non volevamo neppure pubblicarle, se l’abbiamo fatto è anche per svegliare le coscienze», dice lei. La coppia non ha firmato alcun contratto di collaborazione con le autorità, semplicemente si offre di fornire una sorta di pronto soccorso durante i naufragi, operando uno screening sanitario dei salvati, offrendogli cibo e vestiti. A volte li scortano su altre navi, ma spesso li accompagnano direttamente loro nei porti siciliani.

Gestire l’emergenza

«C’è molta enfasi attorno a una circostanza che non dovrebbe stupire: noi, da cittadini, aiutiamo lo Stato, gli Stati. A me, personalmente, fa più rabbia che l’Italia venga lasciata sola dagli altri Paesi», commenta Regina, che definisce sè stessa e il marito una coppia di filantropi che mette a disposizione degli altri i propri beni, discostandosi dal rimanere intrappolati nella semplicistica definizione di “miliardari”. L’anno scorso Regina e Chris hanno collaborato con il progetto Mare Nostrum: «Operazione che si è chiusa ma non è stata rimpiazzata, e certo non si può sostituire con la nostra nave e con il nostro equipaggio di venti persone a bordo. Perché, sia chiaro, Triton è un’altra cosa, è un programma di controllo delle frontiere. E da solo non è sufficiente», conclude Regina Catrambone.

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