‘Il bambino sciolto nell’acido? Riina ha fatto bene!’, intercettazioni shock dei boss del clan di Matteo Messina Denaro

Mafia colpo a uomini Messina Denaro

[didascalia fornitore=”ansa”]Un’immagine relativa all’operazione antimafia che ha portato all’arresto di persone ritenute favoreggiatori del capomafia latitante Matteo Messina Denaro.[/didascalia]

La notizia degli arresti di 22 uomini facenti parte della rete del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro porta con sé anche nuovi dettagli circa diverse intercettazioni telefoniche intercorse negli ultimi mesi tra i presunti mafiosi arrestati. In una conversazione risalente allo scorso 19 novembre 2017, uno dei boss legato al clan Denaro chiacchiera con un altro esponente mafioso di un bambino sciolto nell’acido, e di come la decisione di Riina di ucciderlo così per ‘punire’ il padre – ex mafioso e collaboratore di giustizia – fosse più che giusta.

“Ha sciolto a quello nell’acido? Riina ha fatto bene”.
L’intercettazione prosegue: “Allora ha sciolto a quello nell’acido, non ha fatto bene? Ha fatto bene”, e l’altro fa intendere che il collaboratore di giustizia se l’è meritato: “Se la stirpe è quella… suo padre perché ha cantato?”.

Il ‘quello’ in questione è un bambino di 13 anni, Giuseppe Di Matteo, figlio dell’ex mafioso Santino Di Matteo, che dopo 779 giorni di sequestro fu sciolto nell’acido dai corleonesi per volere di Riina, che voleva punire così Di Matteo che stava collaborando con i magistrati e non dava segnali di voler ritrattare.

Era l’11 gennaio 1996, quando Vincenzo Chiodo, Enzo Brusca e Giuseppe Monticciolo eseguirono l’ordine di morte nei confronti del piccolo Giuseppe Di Matteo.

Ora la storia torna a galla in tutta la sua crudeltà, con le intercettazioni delle telefonate dei boss fiancheggiatori di Messina Denaro, fermati dalla dda di Palermo in un blitz che ha portato in cella 22 persone, che non lesinano commenti sprezzanti per chi ‘ha danneggiato’ Cosa nostra con le sue confessioni: “Ha rovinato mezza Palermo quello… allora perfetto”. E ancora: “Se la stirpe è quella… suo padre perché ha cantato?”, rincara l’interlocutore.

L’agghiacciante conversazione prosegue nel tentativo di dare a Di Matteo la responsabilità della morte del figlio: “Il bambino è giusto che non si tocca – precisa uno degli intercettati – però aspetta un minuto, perché, se no, a due giorni lo poteva sciogliere… Settecento giorni sono due anni… tu perché non ritrattavi tutte cose? Se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi”. E l’altro gli fa eco: “Giusto! perfetto!…e allora… fuori dai coglioni, dice: ‘io sono in una zona segreta, sono protetto, non mi possono fare niente’…si a te… però ricordati cog… che una persona la puoi ammazzare una volta, ma la puoi far soffrire un mare di volte”.

“Messina Denaro come Padre Pio”. Latitante dal 1993, Messina Denaro è ancora considerato da tanti come una sorta di idolo soprannaturale: “Vedi, una statua gli devono fare, una statua, una statua allo zio Ciccio che vale – il riferimento è al padre Francesco, capomafia di Castelvetrano morto nel 1998 – Padre Pio, ci devono mettere allo zio Ciccio e quello accanto. Quelli sono i Santi”.

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