Groenlandia, un fiume sommerso di 1000 km potrebbe celarsi sotto i ghiacci

Sotto i ghiacci della Groenlandia potrebbe celarsi un fiume sommerso lungo più di 1000 km. A sostenerlo è uno studio condotto da un team di ricercatori delle università di Hokkaido e Oslo e pubblicato sulla prestigiosa rivista The Cryosphere. Continuano così le suggestive scoperte relative a questo territorio, sempre più minacciato dalle conseguenze del cambiamento climatico.

Scoperto un antico lago sommerso

Recentemente, la Nasa aveva scoperto un antico lago sommerso di 7.100 km quadrati, con circa 580 chilometri cubi di acqua forniti da una rete di almeno 18 fiumi che correvano più a nord. Questa valle, che si estende sotto i ghiacci dal cuore del Groenlandia fino al fiordo di Petermann, era stata già localizzata grazie a precedenti osservazioni radar. Applicando alle rilevazioni alcuni modelli matematici, gli studiosi avevano ipotizzato la presenza di una valle segmentata, dunque non percorribile dall’acqua di fusione dei ghiacci.

Non mancano gli interrogativi

Per capire di cosa si trattasse, i ricercatori hanno continuato a effettuare simulazioni, confrontando la dinamica del flusso di acqua. “I risultati sono coerenti con la presenza di un lungo fiume subglaciale – asserisce il ricercatore Christopher Chamber – ma rimangono molte incertezze. Per esempio, non sappiamo quanta acqua potrebbe scorrere nella valle e se sfocia nel fiordo o si ricongela, oppure se sfugge nel suo cammino lungo la valle“.

Lo scioglimento dei ghiacci

Lo studio giunge in un anno particolarmente delicato per la Groenlandia. Infatti, secondo un autorevole studio pubblicato su Nature, la Groenlandia rischia di perdere più ghiaccio nel XXI secolo di quanto non ne abbia perso in un qualsiasi altro momento dell’Olocene. Se le previsioni dello studio si rivelassero vere, la quantità di acqua ghiacciata destinata a sciogliersi provocherebbe un innalzamento globale del livello dei mari di 7,3 metri. “Ora abbiamo delle basi per ritenere che questo secolo sarà unico nel suo genere, rispetto alla naturale variabilità degli ultimi 12.000 anni” ha dichiarato il glaciologo Jason Briner, nonché principale autore dello studio.

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