Vitelli dopati con anabolizzanti in Italia: il nostro cibo è davvero sicuro?

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L’Italia è il Paese leader nel campo della sicurezza alimentare. Probabilmente, dati statistici alla mano, si tratta di un’affermazione reale, nondimeno le rivelazioni giornalistiche degli ultimi tempi gettano più di un’ombra sullo stato degli allevamenti in Italia. Dopo l’inchiesta di Report sui vitelli dopati con anabolizzanti, a far discutere l’opinione pubblica è lo scoop di Announo sugli allevamenti intensivi di maiali in Pianura Padana, immagini shock in cui si vedono gli animali vivere tra sporcizia, insetti e topi, in spazi angusti, spesso costretti a mangiare nelle proprie feci. Due servizi giornalistici che pongono inquietanti interrogativi sullo stato dei controlli che vengono effettuati dentro i nostri confini, nel pieno dell’Expo di Milano sul tema ‘Nutriamo la Terra’, che dovrebbe promuovere proprio le eccellenze italiane del settore. Non esattamente il migliore spot possibile per questo evento internazionale che dovrebbe attrarre milioni di visitatori da tutto il mondo.

L’orrore dentro i capannoni della Pianura Padana, dove i maiali sono costretti a vivere all’ingrasso, ammalandosi fino a morire in maniera spietata, dentro gabbie piccolissime, è solo l’ultimo scandalo emerso in ordine di tempo. Poche settimane prima ha fatto rumore l’inchiesta condotta da Sabrina Giannini per Report, partita da un caso di corruzione di un veterinario del servizio sanitario di Cuneo, condannato insieme a due grandi allevatori di vitelli a carne bianca, questi ultimi per il reato di adulterazione e sofisticazione di alimenti oltre che per corruzione del funzionario. Da quanto emerge dall’inchiesta, sembra proprio che tutta la filiera produttiva fosse a conoscenza del doping, delle siringhe riempite di steroidi sessuali per aumentare ilelcitamente il peso degli animali, e di conseguenza anche i guadagni. Allevatori, grossisti e macellatori, ma non i consumatori. Il sistema di controllo sembrerebbe quindi essere del tutto inefficace di fronte ai propositi di truffa ed adulterazione, e l’interrogativo più inquietante posto da Report è che i funzionari della politica e gli addetti ai controlli, sia italiani che europei, sanno tutto, ma lascerebbero il sistema volutamente inefficace per favorire l’industria dell’allevamento intensivo.

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Un aspetto tutt’altro che secondario di questa vicenda è come gli animali vengono trattati in questi allevamenti intensivi, considerati più simili ad automi che non ad esseri viventi, pur di soddisfare le richieste del mercato. E d’altronde abbiamo già visto come in tanti allevamenti nel mondo avvengano spesso anche vere e proprie sevizie agli animali, grazie ad alcune testimonianze filmate da ambientalisti in incognito come i ragazzi di Animal Equality. E se i consumatori davvero sapessero i trattamenti illeciti che suscono gli animali degli allevamenti, se fossero correttamente informati, allora non comprerebbero più. Meglio, molto meglio la politica della rassicurazione: occhio non vede, cuore non duole.

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