U.S.A.: denunce in massa per molestie ai danni di Uber

Uber, il gigante statunitense per il trasporto automobilistico privato, sarà coinvolto in un processo avviato da una class action di donne che accusa la compagnia di aver subito molestie dai suoi autisti.

Uber
Il logo di Uber – Nanopress.it

Il procedimento vede depositata al tribunale di San Francisco, città sede della compagnia di trasporto privato, la testimonianza di 550 donne e altre 150 potrebbero aggiungersi al gruppo.

Le accuse di molestie ad Uber

Il servizio online, che mette in contatto privati automobilisti e passeggeri in cerca di mezzi per spostarsi, non è nuovo a questo genere di accuse. Proprio per questo la causa intentata ora, oltre alle denunce di molestie, imputa alla compagnia la negligenza di non aver fatto nulla per migliorare una situazione nota.

Le denunciatrici, rivoltesi allo studio legale a stelle e strisce Slater Slater Schulman, riferiscono di molestie che vanno dall’aggressione o allusione verbale, alla minaccia fisica, alla modifica del percorso pattuito verso zone più “appartate”, fino a casi di prospettato stupro.

Come anticipato, si incrimina anche una condotta minimizzatrice e sostanzialmente immobilista del gruppo californiano, il quale sarebbe conscio del problema di sicurezza per alcune fasce di clientela fin dal 2014, eppure nulla sarebbe stato fatto quale provvedimento atto a porvi rimedio.

Come ha reagito la compagnia di sharing

Per il momento non sono state diramate dichiarazioni a riguardo da parte di Uber, la società ha solo fatto sapere di essere a conoscenza del procedimento sin da questo febbraio.

Uber car
Un’auto del servizio Uber – Nanopress.it

Non è del resto la prima volta per il gigante dei trasporti privati ormai diffuso in buona parte del mondo: già nel 2014, per porre a tacere possibili ondate di indignazione economicamente svantaggiose, il gruppo attualmente guidato dal CEO Dara Khosrowshahi aveva raggiunto un accordo extragiudiziario con due donne che incriminavano l’azienda dei medesimi atti.

Del resto Uber dovrebbe essere a conoscenza della problematica anche grazie alle indagini interne avviate lo scorso anno sul comportamento più o meno consono e rispettoso tenuto dai propri autisti.

Dall’analisi è emerso come tra il 2019 ed il 2020 le accuse di aggressioni depositate o riferite fossero 3824: un valore che avrebbe dovuto mettere in allarme il consiglio d’amministrazione, il quale invece viene ora coinvolto dal nuovo scandalo qui in oggetto, con in più l’aggravante di non aver fatto nulla nel frattempo pur sapendo.

Le misure di contrasto possibili in studio sono varie: dall’installazione di telecamere interne all’abitacolo che registrino per una futura verifica eventuali comportamenti disdicevoli, al creare un sistema di controllo del personale al volante più dettagliato e ferreo sui precedenti dei guidatori, all’inserimento di un segnalatore/allarme che scatti nel momento in cui la vettura esula dal percorso stabilito e funzionale alla meta da raggiungere.

Le possibilità sono varie, ma è necessario metterle in campo se davvero si vuole fornire un servizio sicuro ed utile per tutti, non costringendo fasce particolari di popolazione, troppo spesso le donne, a rinunciare a ciò che può esserle vantaggioso per paura di trattamenti “speciali” non richiesti.

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