Turismo dell’orrore: selfie notturni sul luogo del disastro ferroviario in Puglia

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Dopo il terribile disastro ferroviario avvenuto ieri, a nord di Bari, tra Andria e Corato, in cui hanno perso la vita 25 persone e il numero dei feriti è in costante crescita, al termine di un’intera giornata trascorsa a rincorrere il tempo per salvare più vite possibili, la notte è stata teatro di uno spettacolo increscioso: i selfie sul luogo della tragedia. Il turismo dell’orrore, anche questa volta, non si è fatto attendere.

Quella di ieri, non solo per la regione Puglia, ma per l’Italia intera, è stata una giornata impossibile da dimenticare: ore e ore in cui le Forze dell’Ordine, i Vigili del Fuoco, la Protezione Civile e i soccorritori del 118 hanno dato l’anima per salvare quante più persone possibili, ascoltando con l’orecchio teso, quell’impercettibile suono di un flebile lamento, che li ha condotti a scavare tra le lamiere per salvare l’ennesimo passeggero. 

Molti sono stati salvati, ma molti altri, i più gravi, non ce l’hanno fatta: su quel treno c’erano studenti, pensionati, pendolari alle prese col solito tragitto per raggiungere il posto di lavoro, c’erano anche una mamma e una figlia, che nello scontro hanno perso la vita e sono state ritrovate abbracciate, strette l’una all’altra per lenire la paura.

Uno scenario che non si può nemmeno immaginare e soprattutto che nessuno si sognerebbe di fotografare, eccetto loro, gli sciacalli del turismo dell’orrore, che come le iene alle spalle di una creatura in fin di vita, si preparano a pregustare il proprio pasto.

E’ successo intorno alle 23 di ieri sera, due auto sono entrate nella zona circostante il disastro: dentro un uomo con la torcia e una donna con un bambino di circa 5 anni. Secondo quanto raccontato da un giornalista che ha assistito personalmente alla scena, non appena ha rivolto la parola a quella coppia, credendo fossero parenti di qualche vittima, si è sentito rispondere con un tono beffardo del tutto inaspettato: ‘No, non siamo parenti, siamo solo venuti a vedere la scena per fare qualche foto da avere sul telefonino. Un fatto così quando ricapita più’.

E’ così che ancora una volta si scopre, come se fosse la prima, che all’orrore umano non c’è fine, c’è sempre qualcuno pronto a immortalare con una fotocamera immagini che gli occhi di un uomo vorrebbero soltanto poter dimenticare.

Gli sciacalli del selfie del disastro pugliese infatti, non sono certo i primi e purtroppo non saranno nemmeno gli ultimi. Come dimenticare le foto scattate dinanzi al relitto della nave Concordia sull’Isola del Giglio. C’è stato persino chi ha scelto di trascorrere qualche giorno di vacanza sull’isola, proprio per poter ‘documentare’ l’accaduto con una serie interminabile di scatti fotografici. Senza contare il pellegrinaggio a Cogne, dopo il terribile infanticidio di casa Franzoni.

Il turismo dell’orrore, in Italia, sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti, sembra essere un vero e proprio fenomeno para-culturale dei tempi moderni: l’uomo di oggi è mosso dalla curiosità di fotografare non più il bello, l’incanto della natura o dell’architettura, bensì l’orrore, la tragedia, l’abbandono. E’ un fenomeno che assume valenze morbose, macabre, o addirittura necrofile, spesso oggetto di condanna da parte dei mass media, gli stessi che in realtà contribuiscono alla catalizzazione dell’attenzione collettiva, che sta alla base del fenomeno.

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