Starbucks a Milano, arriva il caffè miscelato alle polemiche

Apertura Starbucks a Milano

Arriva Starbucks, questa volta a Milano e così la Capitale Economica italiana centro nevralgico della moda e nevrotico dei suoi abitanti, si popola di una nuova inutile polemica sul Made in Italy.
Già un annetto fa la grande catena di caffè apprezzata dai turisti di tutto il mondo (italiani compresi ma ovviamente solo se in trasferta), aveva suscitato polemiche sponsorizzando il progetto dell’architetto Marco Bay che prevedeva la risitemazione di palme, banani e begonie in piazza Duomo. “Indecenti, inadatte” aveva sentenziato qualcuno, ignorando che (pare) piazza Duomo nell’800 fosse in realtà popolata da questo tipo di piante. “Perfette per gli extracominitari che vedranno riprodotto il proprio habitat” aveva detto qualcun altro con la solita inopportuna e fastidiosa ironia razzista.

Passata l’onda “no palm” è stato il momento del “no pizza di Cracco day”. Troppo cara, troppo poco pizza. Ancora il Made in Italy colpito nel vivo. La pizza simbolo di italianità (e di sfottò) deturpata dalla creazione di uno Chef stellato! Innovazione, cambiamento, sperimentazione … questi sconosciuti! (Per ripercorrere la polemica sulla pizza di Cracco leggi l’articolo di MyLuxury.it). E adesso in questo uggioso settembre milanese, archiviate le invidiose polemiche sui Ferragnez è il momento della crocifissione del povero frappuccino.

Starbucks e le basi della polemica

Partiamo dal principio “Domani aprirà in Italia il primo #Starbucks, catena di “caffè” americana. Mi chiedo come si faccia a preferire le loro bevande al nostro caffè espresso invidiato in tutto il mondo”, cinguetta l’On. Giorgia Meloni su Twitter.
Questa trovo che sia la base di ogni polemica: la paura del cambiamento, la sindrome del fratello maggiore. Il fatto che un colosso come Starbucks arrivi a Milano, conferendole ancor più quell’allure di grande capitale europea non significa che il nostro caffè (che poi non dimentichiamolo arriva sempre dall’America quindi forse è più loro che nostro almeno come materia prima) verrà amato un po’ meno. Significa solo che gli italiani e i tantissimi stranieri che popolano le strade di Milano avranno un’alternativa in più, un posto dove il caffè forse non sarà buonissimo (come buonissimo non è in molti molti molti molti e ancora molti bar) ma l’aria sarà familiare e il wifi (immagino) free. Niente di spaventoso quindi solo un’alternativa da poter scegliere o meno, (o meno appunto!)

L’italianitá non verrà minata alle sue basi, non più di quanto non lo sia già stata con l’avvento di McDonald’s, Burger King, Zara, H&M e molti altri ancora. Temo che i neofiti nazionalisti (più neofiti che nazionalisti) dovranno abituarsi all’idea della società che si evolve e si omologa, si chiama Globalizzazione signori, il processo è iniziato da un po’ e tutti ne siamo stati, e saremo, attivi protagonisti.

Starbucks dove il caffè è troppo caro: polemica n.2

Starbucks è troppo caro un caffè costa 1,80 euro ben l’80% in più della media. Vero. Ma non siamo ipocriti non saranno i 4,50 euro spesi ogni tanto per il cappuccino di Starbucks a mandare sul lastrico gli abitanti milanesi; il problema semmai è che un ragazzo sui 30 anni, laureato, masterizzato e regolarmente assunto in questa città guadagna in media 1.200/1.500 euro/mese e deve confrontarsi con prezzi folli che solo a Milano esistono. 800 euro per un bucolocale mal tenuto, 1.50 (o 1.95) per ogni corsa in metropolitana, 10 euro minimo per una banale pizza margherita, 12 euro per un cocktail, 16 euro dal “fruttarolo” per 4 fichi e 2 ciliegie, 9.50 euro per una serata al cinema, considerando solo il costo del biglietto che già diventa proibitivo per una famiglia. Se poi al biglietto si aggiungono pop corn per una visione più piacevole, gelato post cinema, panino o pizza pre (o post) spettacolo con birretta rilassante ecco partiti un 30/40 euro! Eppure nessuno si scandalizza o ribella. Milano è cara si sa, c’è poco da fare. Dove sta la polemica?

Starbucks tutto quello che di vero c’è

Veniamo invece ai numeri quelli veri. In una Milano un tempo da bere e oggi da sfamare Starbucks ha creato 300 nuovi posti di lavoro, molti destinati a ragazzi in difficoltà provenienti da comunità o categorie protette. Forse i contratti saranno precari (omologandosi ai contratti di qualunque altro posto di lavoro) forse gli stipendi bassi (idem come sopra) ma sono pur sempre 300 posti di lavoro che fino a ieri non c’erano. Calcolando che entro l’anno si prevede l’apertura di altri 4 punti vendita del colosso americano il numero sale a 1.200 nuove occupazioni in più. Senza contare tutto l’indotto economico.

Ripeto la domanda: Dove sta la polemica?

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