Sma, diagnosi precoce: la sfida è lo screening neonatale

L’avvio del progetto pilota di screening neonatale per la Sma sta avvenendo in Lazio e Toscana. E’ previsto per i primi mesi del 2019, con la collaborazione di Policlinico Gemelli di Roma, ospedale Meyer di Firenze e associazione Famiglie Sma, insieme a Biogen. Una goccia del sangue che viene prelevato ai neonati sarà destinata a questa analisi. “L’obiettivo è intercettare i nuovi pazienti con Sma subito dopo la nascita. I bambini con forme gravissime (Sma 1 e 2) saranno immediatamente avviati alla terapia. Ci aspettiamo di arrivare ad avere almeno 20 nuovi nati a cui verrà somministrato subito il farmaco”. A spiegarci il progetto è Daniela Lauro, presidente di Famiglie Sma, associazione che ha avviato una raccolta fondi a sostegno dei centri di riferimento per la terapia (Sms al 45585 o tramite sito web).

Un libro bianco sulla SMA

Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) ha scritto la prefazione del primo Libro bianco sulla malattia. Il titolo è ‘Sma – Il racconto di una rivoluzione’, promosso da Biogen e scritto da Claudio Barnini. Nel testo si va dai primi risultati concreti nel trattamento della patologia, a nuovi scenari e nuovi bisogni. Fino alla prossima sfida: diagnosi sempre più precoce e migliore qualità di vita. L’arma per vincerla si chiama screening neonatale.

Passi da gigante della ricerca

“La scienza non fa miracoli. Dal laboratorio al letto di un malato i tempi della cura non sono quelli della storia naturale della malattia”, dicono gli esperti. Ma sull’atrofia muscolare spinale (Sma),”la ricerca finora molto ha mostrato di ciò che un tempo non potevamo immaginare”.

Ricciardi sottolinea che c’è “un orizzonte che si apre alla possibilità reale di trovare una cura. Ed è compito di tutti, inclusi i politici, agevolare questi percorsi, costruire rotaie efficienti, tarate sul metodo scientifico”. Ricordiamo che la SMA, malattia genetica rara, colpisce circa 1 neonato ogni 10.000 e rappresenta la prima causa genetica di mortalità infantile.

“Nell’arco di 10 anni c’è stata un’evoluzione molto positiva, non solo in termini terapeutici, ma anche nella gestione dei molti aspetti pratici – spiega Eugenio Mercuri, direttore dell’Unità operativa di neuropsichiatria infantile al Policlinico Gemelli di Roma – Le nuove raccomandazioni mettono in primo piano la gestione quotidiana della malattia, che incide in modo significativo sulla qualità di vita di pazienti e famiglie”.

“Per la prima volta – prosegue Lauro – abbiamo terapie concrete e monitorate, trial in atto in fase avanzata e possiamo sperare di affrontare in modo diverso la malattia, nonostante permangano tanti ostacoli, differenze a livello regionale e problematiche burocratiche e assistenziali”. Fino a poco tempo fa “tutto questo era solo un sogno – riflette Lauro – Siamo passati da una diagnosi di quasi morte certa a una diagnosi con terapia. Uno degli ultimi pazienti è stato diagnosticato a soli 10 giorni di vita e quello che mi dà speranza è sapere che avrà davanti a sé una prospettiva di vita diversa rispetto a dieci anni fa”.

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