Simone Salvini e la cucina ayurvedica: “La natura è la mia fonte d’ispirazione”

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È diventato famoso per essere il braccio destro di Pietro Leemann nel suo ristorante stellato Joia, a Milano, dove è capo chef dal 2005, ma Simone Salvini ha intrapreso un percorso di ricerca in cucina ayurvedica già dal 2000, girando il mondo: dall’Irlanda a Dublino, fino in India a Punjab e New Delhi. Lo abbiamo incontrato durante la manifestazione Identità Golose, una tre giorni milanese che ha portato nel capoluogo milanese personalità internazionali dell’alta cucina, anche di quella vegetariana, vegana e crudista, come Matthew Kenney.

Hai portato il tuo stile di vita in cucina, rendendola un po’ spirituale, come ci sei riuscito?
Io sono stato me stesso, non voglio essere d’esempio per nessuno. Sono così anche nella vita: curioso, leggero, mi piace scherzare. Penso che la curiosità sia uno dei mattoncini più grandi dell’edificio che ho costruito

Hai reso il cibo buono in tutti i sensi, per il palato ma anche con tutto il suo background, tutto quello che c’è dietro il consumo di un alimento
Io sono stato alla corte per molti anni di Pietro Leeman, questo gigante planetario, tutto quello che so lo devo principalmente a lui. Quello che ho cercato di aggiungere è uno studio libresco, anche molto approfondito, sulla salute dell’uomo e sulla sana alimentazione, questo diciamo è il mio piccolo contributo. Se sono riuscito a espandere le bellezze vegetariane non lo posso dire io

Cosa c’è in più in un tuo piatto che non troviamo in uno magari più tradizionale?
Non so se c’è qualcosa in più, di sicuro c’è più attenzione al mondo dei vegetali. L’universo vegetale diventa il cardine della mia ricerca sul cibo. Penso che sia molto importante realizzare qualcosa che ci corrisponda, e per me è la natura la maestra più importante

Che cosa hai portato direttamente dalla natura nei tuoi piatti, oltre alle materie prime prettamente vegetali?
I cicli stagionali sicuramente: in estate è difficile che tu mi veda cucinare un cavolfiore

Come mai esiste, soprattutto nel panorama dell’alta cucina internazionale, una forte resistenza nei confronti degli chef vegani? Prendiamo ad esempio le dichiarazioni di Gordon Ramsay e il suo “essere allergico” ai vegani che ha commentato anche Matthew Kenney
Prima di tutto dovresti chiederlo proprio a Gordon Ramsay, poi forse hanno in parte ragione: noi chef vegani e vegetariani abbiamo proposto dei piatti e delle ricette molto legati alla sfera corporea, e spesso ci si fermava lì: fanno bene al corpo e quindi è finita la ricerca. Noi invece siamo anche un po’ più complessi, quindi abbiamo portato avanti ricerche in campo estetico, sulle consistenze, che sono condivisibili e se non siamo stati fino adesso abbastanza bravi a migliorare il gusto e i colori è anche responsabilità nostra. Poi su Ramsay bisognerebbe incontrarlo e capire, magari è una persona simpaticissima, a volte si fanno delle scoperte straordinarie.

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