Scoperto un nuovo gruppo sanguigno: servirà a prevenire diverse patologie

Gli scienziati del National Health Service Blood and Transplant (Nhsbt) hanno scoperto un nuovo gruppo sanguigno. Si chiama Er e oggi sappiamo qualcosa in più su di lui grazie al lavoro svolto dal team.

Gruppo sanguigno
Gruppo sanguigno – Nanopress

Già da tempo era noto che, accanto ai quattro gruppi sanguigni più conosciuti – cioè A,B, AB e 0 – ve ne erano alcuni rari. Adesso sappiamo qualcosa di più su uno di questi: si tratta del gruppo Er. Questa scoperta sarà di fondamentale importanza soprattutto per future trasfusioni e per problemi di incompatibilità durante la gravidanza tra la madre e il feto.

Scoperto un nuovo gruppo sanguigno

Fino a oggi abbiamo sempre conosciuto – e considerato – quattro gruppi sanguigni: A, B, 0 e AB. Ma se ti dicessimo che potrebbe essercene un quinto? Uno studio condotto dal National Health Service Blood and Transplant (Nhsbt) e pubblicato sulla rivista ‘Blood’ ci dice che in effetti è proprio così: ne esiste un altro fino a oggi mai considerato, che si chiama Er.

Questa è una scoperta sensazionale per moltissime ragioni: per la questione trasfusioni, che ovviamente è di rilevante importanza per alcune malattie (pensiamo ad alcuni casi di leucemia, in cui si rende indispensabile), ma anche per le gravidanze e i casi di incompatibilità tra madre e feto. La presenza di un quinto gruppo potrebbe spiegare, diagnosticare ed eventualmente curare quest’ultima problematica assai comune.

Perché accade questo: quando i gruppi non sono compatibili, le cellule immunitarie tendono ad attaccare quelle che riconoscono non corrispondenti. Il fatto quindi che si sia scoperto il gruppo Er potrebbe prevenire in futuro molte tragedie.

Cosa sapevamo fino a oggi? In sostanza, la classificazione dei gruppi avviene in base ai cosiddetti antigeni (particolari molecole presenti sulla superficie dei globuli rossi), ne esistono più di 700, che danno vita a più di 30 sistemi. Di questi i più conosciuti sono il sistema ABO – appunto basato sui quattro gruppi succitati – e quello Rh.

Il primo è caratterizzato dalla presenza degli antigeni A e B: per scoprire quale dei due appartiene a una persona, basta vedere su un globulo rosso qual è presente. Ovviamente, se ci sono entrambi, il gruppo sarà AB. Accade anche però che non ci sia nessuno dei due: in questo caso parliamo di gruppo 0.

C’è da dire però che ognuno di questi è suddiviso in ulteriori categorie, che dipendono dalla presenza sulla membrana dei globuli rossi di un antigene appartenente al sistema Rh, che può essere positivo oppure negativo.

Queste informazioni sono fondamentali ai fini di un’eventuale trasfusione, dal momento che i gruppi tra donatore e ricevente devono essere compatibili per far sì che non ci siano problemi in futuro. Dobbiamo specificare però che, accanto a questi conosciutissimi, ce ne sono altri considerati rari. Uno di questi è appunto l’Er, scoperto già circa 40 anni fa.

Sangue
Sangue – Nanopress

Era il 1982 esattamente quando fu scoperto. Sei anni più tardi – nel 1988 – gli scienziati vennero a conoscenza anche di un’altra versione, che chiamarono Erb. Da qui, l’introduzione del codice Er3, utilizzato per descrivere l’assenza di Era ed Erb. Ma cosa sappiamo in più oggi?

Lo studio

Cosa hanno scoperto gli studiosi su questo gruppo sanguigno? In sostanza il team di ricercatori – guidati dalla sierologa Nicole Thornton del National Health Service Blood and Transplant (NHSBT) del Regno Unito – ha preso in esame in sangue di 13 pazienti con antigeni sospetti. Studiandoli, hanno scoperto cinque variazioni proprio in Er e cioè, insieme alle già note Era, Erb, Er3, ve ne erano anche alcune nuove, Er4 ed Er5.

A quel punto i ricercatori hanno sequenziato i codici genetici dei pazienti e hanno individuato il gene che codifica per le proteine della superficie cellulare: si tratta di PIEZO1, già conosciuto in medicina, perché è associato a diverse malattie. Il team ha poi eliminato il gene da una linea di eritroblasti (alcune cellule che danno vita poi ai globuli rossi) e hanno testato gli antigeni: questo ha fatto sì che il risultato fosse confermato.

Questo studio è di fondamentale importanza soprattutto per il fatto che grazie a questo abbiamo scoperto che anche proteine poco espresse possono rivelare potenziale antigenicità.

Impostazioni privacy