Russia: condannato a 22 anni di carcere giornalista ostile al regime

Ivan Safronov, giornalista e consigliere dell’agenzia spaziale, è stato quest’oggi condannato a 22 anni di carcere con l’accusa di alto tradimento.

Ivan Safronov
Il giornalista Ivan Safronov – Nanopress.it

La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Mosca e ribadisce ulteriormente la pesante coltre censoria che sta calando sulla nazione guidata con sempre maggior pugno di ferro da Vladimir Putin.

La condanna al giornalista Safronov

Ivan Safronov, giornalista di testate quali Kommersant e Vedomosti nonché consigliere del direttore dell’agenzia spaziale russa Roskosmos, è stato condannato a 22 anni di carcere da scontare in una colonia penale di massima sicurezza per essere stato ritenuto colpevole di alto tradimento.

Il giornalista era stato arrestato e posto in custodia cautelare nel luglio del 2020 con l’accusa di aver collaborato e fornito informazioni alle intelligence di Germania e Repubblica Ceca. Le imputazioni avevano portato la Procura ha chiedere una pena di 24 anni di carcere: il Tribunale di Mosca, che si è occupato del caso, ha quasi del tutto avvallato le richieste dei pubblici ministeri, condannando la presunta spia a 22 anni di detenzione per alto tradimento.

Il processo si è svolto a porte chiuse e ciò ha rafforzato le critiche di coloro che vedono nella sentenza di Safronov una farsa, un’accusa ingiusta ed immotivata creata solo per celare l’ennesimo caso di processo motivato politicamente.

Putin, un leader sempre più insicuro

Quello a Safronov è difatti l’ultimo esempio della progressiva chiusura a riccio del regime putiniano. Il neo-zar sente scricchiolare il proprio scranno al Cremlino e la di certo non brillante conduzione dell’operazione militare ucraina gli sta alienando il consenso costruito nel Paese e tra la nomenklatura russa.

Vladimir Putin
Vladimir Putin – Nanopress.it

Faide e fibrillazioni interne sembrano sempre più palesi e vivaci e molti ritengono si stia già discutendo del successore dell’ex KGB. Lo stesso recente attentato a Darya Dugina, figlia dell’ideologo nazional-reazionario Dugin, sembrerebbe, per le dinamiche e le indagini con cui si è sostanziato, essere un segnale lanciato proprio da qualche compagine interna al sistema di potere russo verso il presidente pietroburghese.

Il senso di instabilità e precarietà del leader si riverbera sulla nazione la quale, irrigidendosi in un totalitarismo che tutto vuole decidere e prevedere, non tollera più, o non ha più quella elasticità datale da un consenso mantenuto in modo saldo, le anche più lievi forme di dissenso.

Quindi arresti di attivisti ed intellettuali, esponenziale aumento di “suicidi” tra imprenditori e burocrati non più nelle grazie di Putin, chiusura di giornali e riviste non perfettamente allineate alla propaganda del Cremlino.

Difatti sempre oggi, oltre alla condanna di Safronov, è giunta la da molti prospettata sentenza con la quale viene ritirata la licenza di pubblicazione al quotidiano Novaya Gazeta, storica testata indipendente e da sempre fortemente critica dell’operato del neo-zar russo Vladimir Putin.

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