Riserva di sicurezza per difendersi dall’Isis? Perché può servire

Saint Denis, blitz della polizia

Parigi 13 novembre 2015 è solo cronologicamente il più recente dato terroristico nel mondo ma non sarà certo l’ultimo. La storia ci dice che ogni periodo, ogni contrattura, ogni stortura, ha avuto il suo periodo storico legato al terrorismo sia interno che esterno, nazionale o internazionale e la scelta di obiettivi o spazi comuni non è certo una novità. Dai monumenti agli edifici storici o maggiormente rappresentativi di uno Stato o di una città ai centri commerciali, ai mercati, ai centri di culto, agli autobus o spazi di incontro, il passo è breve. E’ già avvenuto in altri luoghi del mondo e il terrorismo l’ha evidenziato in più occasioni. Scelte mirate o apparentemente occasionali ma comunque sempre di grande effetto. Considerazioni che inconsciamente o volutamente, abbraccia anche tutto il modo islamico compreso quello che si dichiara moderato perché il soffio della paura fa comodo a tanti, sia che lo dichiarino o meno.

Proprio questi ultimi, tacendo o condannando flebilmente, colgono l’occasione per avanzare richieste e formulare proposte che in molti casi vengono pure raccolte, quasi dimenticandosi che in Occidente loro sono giunti come ospiti imponendoci le loro usanze che noi rispettiamo solo per educazione pur non ricevendo nei loro Stati lo stesso trattamento. Ci hanno “conquistato” con un esercito di donne velate che disseminano figli a nastro che nella quasi totalità, allevano in simbiosi con la loro ideologia, generazioni naturalizzate offerte ad un islam malato che pur adottando e vestendo i nostri costumi poi all’occasione, li condannano.

Ospiti divenuti ingombranti, presenti soprattutto nelle periferie e nelle bidonville, dove è più facile far proliferare la clandestinità e l’illegalità. Occupazione che di fatto evidenzia la conquista dei territori e degli spazi utilizzando le nostre libertà, le stesse che intenderebbero limitare.

Di fatto l’islamico buono o cattivo non esiste. Come non esiste in nessuna religione o credo. La differenza la fa la convinzione che se è forte e non controllata, porta al fondamentalismo e quindi alle distorsioni come appunto è il terrorismo anche se figlio di numerosi padri, anche occidentali.

La rete terroristica, di qualunque matrice, è figlia di diverse madri ingravidate da organismi o Stati e quindi padri, a volte sconosciuti ma il più delle volte non dichiarati, che, a seconda della forza o della volontà, cercano di persuaderla, eliminarla, limitarla o controllarla. Ognuno decide quale strada perseguire al di là dei proclami di facciata. Quando non accade non è perché si è esenti, ma dipende da quale strada si è scelta.

Puoi controllare un sito ma poi vieni colpito in un altro, uno qualunque. Il rischio nullo non esiste ma la prevenzione e il controllo aiuta. L’efficienza quindi è basilare ma anche il lavoro di “contatto” e dell’intelligence con una normativa che renda i nostri agenti più liberi, giusto per non essere poi incriminati perché In Italia è accaduto anche questo. E anche in quel caso si trattava di un islamico la nostra magistratura si dichiara libera ma speriamo che renda liberi e sicuri anche tutti noi e i nostri figli.

Al di là di questo poi ci sono i maneggioni e i manovratori, veri o presunti, comici o seri, che ogni tanto appaiono nelle inchieste come trafficanti, reclutatori o addestratori, personaggi da prendere con le pinze ma che vivacchiano anche su questi misfatti.

Allora sarebbe il caso che anche il nostro Stato, per ogni evenienza, si attrezzi al meglio, istituendo le Unità di Riserva (riservisti) reclutandoli in primis tra le fila degli ex appartenenti alle forze di polizia e militari, soggetti ancora giovani e valenti già preparati per lo scopo ovvero la Sicurezza e la Tutela. Meglio inseriti in una maglia istituzionale che lasciarli in pasto agli avvoltoi con chissà quali intendimenti e interessi.

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