Referendum costituzionale: l’amarezza di Bersani all’indomani della Leopolda

Bersani a Palermo a sostegno del No al Referendum

Pierluigi Bersani, in missione per la campagna a sostegno del No a Palermo presso la facoltà di Giurisprudenza, commenta i fatti all’indomani della Leopolda del 6 novembre, dichiarandosi amareggiato e preoccupato. “I leopoldini possono risparmiarsi il fiato, vanno già fuori parte dei nostri. Io sto cercando di tenerli dentro, ma se il segretario dice così bisognerà rassegnarsi. Ho provato una grande amarezza”, dice riferendosi ai cori ‘Fuori, fuori’ urlati durante l’incontro a Firenze su una presunta scissione della sinistra Dem. Ci sono altri motivi: l’attacco di Matteo Renzi rivolto alla minoranza del partito sostenitrice del No che è stata accusata di volere distruggere l’unità del Pd e di “tentare una spallata al governo” – come scrive il premier nella sua Enews – e la scelta di Cuperlo di passare a sostegno del Sì in cambio della promessa di modifica della legge elettorale.

“Mentre i leopoldini urlavano fuori fuori, a Monfalcone, da sempre casa nostra, abbiamo preso batosta storica dalla Lega perché molti dei nostri non hanno votato. Io non c’ho dormito, non so altri”, continua l’ex segretario dem che lancia un affondo alla gestione di Renzi. “Vedo un partito che sta camminando su due gambe, l’arroganza e la sudditanza. Così non si va da nessuna parte. Io non voglio niente se non parlare”, è la sua riposta all’accusa rivolta alla minoranza dem di voler riprendere il potere e ritornare al governo.

Bersani si è dimostrato fermo nella sua decisione di votare no al referendum costituzionale e a continuare la sua campagna. “Nel Pd ci vuole libertà, autonomia, schiena dritta, pensiero, democrazia: non chi vuole arroganza e sudditanza. Mi impressiona che tutti gli altri stiano zitti. Sul tema della Costituzione non esiste una disciplina di partito”, insiste e attacca la costruzione di un partito allargato come vorrebbe Renzi.

“Bisogna costruire un area ulivista di centrosinistra, il Pd deve essere un’infrastruttura, non può essere il pigliatutto con la logica del comando. Il segretario deve dare indicazione poi ognuno sceglie con propria testa”, ribadisce.

Il suo attacco è rivolto a Renzi che, a suo dire, vuole “tenersi mano libere”. “Il no al referendum è un modo per far saltare l’Italicum, il resto sono chiacchiere. Su quel foglietto c’è scritto stai sereno, ma io voto no. Mi preoccupa l’incrocio tra il referendum e l’Italicum, con un ‘governo del capo’ e parte del Parlamento nominato. Non sto parlando di noccioline. Non posso tollerare questo rischio con conseguenze gravissime, mi spiace. Al congresso del Pd porrò il problema della separazione della leadership del partito con la guida del governo”, conclude.

Impostazioni privacy