Raggi indagata ancora, per la sindaca terzo capo d’accusa: abuso d’ufficio per la nomina di Romeo

Celebrazione del Giorno della memoria in Campidoglio

Non c’è pace per la giunta Raggi a Roma. Dopo l’arresto di Marra e le indagini su Salvatore Romeo, Virginia Raggi è indagata per la seconda volta con un terzo capo d’accusa, quello di abuso d’ufficio sulla vicenda della nomina proprio dell’ex capo della segreteria politica, al centro dell’ormai noto caso della polizza. Oltre al primo procedimento con due accuse (abuso d’ufficio e falso) per la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, da vicecapo dei vigili urbani alla Direzione Turismo del Campidoglio, i magistrati contestano alla sindaca la delibera da lei firmata il 9 agosto 2016 con cui decretò la nomina di Romeo con stipendio triplicato. È proprio lo stipendio al centro delle indagini: nella delibera non si cita alcuna cifra, ma solo alcuni riferimenti legislativi che non hanno reso chiaro l’ammontare. Inoltre, per i pm la delibera non venne data al Gabinetto per verificarne la legittimità, il che creerebbe le condizioni del reato di abuso contestato a Raggi e Romeo.

Nonostante i fiori e le manifestazioni d’affetto che la sindaca ha ricevuto dopo le ultime vicende giudiziarie, per la giunta capitolina e per tutto il M5S è un momento molto difficile. La prima cittadina ha già ricevuto due avvisi di garanzia ed è indagata in due diversi procedimenti per le nomine del cosiddetto “Raggio Magico“, lo staff di cui si è circondata e che ha difeso contro anche molti esponenti del movimento.

Nei prossimi giorni sarà sentito dai pm Romeo sul caso della sua nomina, per cui i magistrati vorranno sapere i criteri usati per triplicare il suo stipendio ma vorranno dei chiarimenti anche sulla vicenda della polizza intestata alla sindaca.

“Non ci è arrivata alcuna comunicazione. Se dovesse essere indagata affronteremo anche questa, sicuri che la sindaca abbia seguito la procedura corretta per la nomina, con i pareri necessari”, ha invece dichiarato in serata l’avvocato della sindaca, Alessandro Mancori.

A rendere più incandescente l’ambiente capitolino sono poi arrivate le dichiarazioni dell‘assessore all’urbanistica di Roma, Paolo Berdini. Esterno al movimento e uomo “tecnico” della giunta, l’assessore ha parlato ai cronisti e si è quasi sfogato, raccontando di una situazione difficile, sul punto di scoppiare. “Non lo so, è stato fatto un errore dopo l’altro”, dice dalle pagine de La Stampa, ricordando il caos sulle nomine di Romeo e Marra e sottolineando che “la musica potrebbe non essere finita”. Il suo timore è, vista la “situazione esplosiva, che questa città non tiene”.

Sulla vicenda Romeo, Berdini ha la sua opinione. I due, secondo lui, “erano amanti. L’ho sospettato fin dai primi giorni”. Il vero problema è che la sindaca “sembra inadeguata al ruolo che ricopre” e non per l’età ma “strutturalmente”. L’assessore è dispiaciuto, sottolinea il quotidiano, soprattutto perché si è circondata di persone sbagliate. “Se lei si fidasse delle persone giuste… Ma lei si è messa in mezzo a una corte dei miracoli. Anche in quel caso, io gliel’ho detto: “sei sindaco, quindi mettiti intorno il meglio del meglio di Roma”. E invece s’è messa vicino una banda“, dice.

Qualcosa però non torna in tutta la vicenda: “Sono amico della magistratura, Paolo Ielo lo conosco benissimo, è un amico, ma lei è stata interrogata otto ore. Anche lì c’è qualcosa che non mi torna”, conclude.

Lo stesso Berdini però in mattinata al telefono con RaiNews24 smentisce di aver rilasciato l’intervista alla Stampa ma che le parole sono state intercettate dal giornalista mentre parlava con degli amici. A domanda, l’assessore conferma di aver parlato di impreparazione ma “di tutta la giunta. Non sapevo e immaginavo il baratro in cui è stata lasciata la città. Lo confermo, questa città è messa in ginocchio”, ha dichiarato. Smentite anche le dichiarazioni per cui Raggi e Romeo sarebbero stati amanti, Berdini non esita a definire il giornalista del quotidiano torinese un “piccolo delinquente” che gli avrebbe messo “cose inaudite in bocca”.

In mattinata, il quotidiano ha pubblicato una nota sul proprio sito in cui “conferma parola per parola il colloquio con l’assessore Berdini pubblicato nell’edizione odierna a firma del giornalista Federico Capurso. Se umanamente si può comprendere l’imbarazzo dell’assessore, questo comunque non giustifica in alcun modo gli inaccettabili giudizi che Berdini ha pronunciato sul collega per cercare di smentire quanto riferito”, si legge nel testo dell’articolo.

Infine, Luigi Di Maio pubblica su Facebook un video in cui annuncia di aver presentato all’Ordine la lista dei giornalisti sgraditi al M5S perché colpevoli di una “campagna diffamatoria” nei confronti del movimento. Nella lettera, rivolta al presidente dell’Odg Enzo Iacopino, il vicepresidente della Camera scrive che “se la libertà di stampa è un valore irrinunciabile per ogni Paese democratico”, “altrettanto irrinunciabile è il rispetto della verità”: a suo dire in questi giorni si è assistito allo “spettacolo indegno da parte di certa stampa, che ha usato la vicenda di una polizza a vita intestata a Salvatore Romeo, e il cui vero beneficiario è lui stesso tranne nell’ipotesi estremamente improbabile della sua morte, per infangare e colpire in maniera brutale la sindaca Virginia Raggi e l’intero Movimento 5 Stelle”.

I nomi su cui Di Maio ha puntato il dito sono quelli di Emiliano Fittipaldi (L’Espresso), Fiorenza Sarzanini (Corriere della Sera), Carlo Bonini (La Repubblica), Alessandro Sallusti (Il Giornale), Elena Polidori (QN-Carlino-Nazione-Giorno), Valentina Errante e Sara Menafra (Il Messaggero), Edoardo Izzo (La Stampa).

La colpa dei giornalisti sarebbe dunque di aver “infangato” la sindaca. “Lei Presidente mi invita a non generalizzare un’intera categoria, ma a segnalarle i casi di comportamenti deontologicamente scorretti. Eccoli qui di seguito, con nomi e cognomi”, scrive Di Maio.

Ancora nessuna risposta è arrivata dall’Odg: la lista parla di generiche accuse di “discreditare” la Raggi, ma non di eventuali querele, reato che eventualmente si può contestare a un giornalista che scrive il falso. Il M5S ha già dichiarato di voler querelare Fittipaldi de L’Espresso, scelta legittima anche se politicamente strana per il movimento della “libertà e della trasparenza”. In ogni caso, se il movimento ritiene di essere stato colpito da notizie false, può ricorrere alla giustizia dei tribunali e citare in giudizio i giornalisti, rispettando però le decisioni dei giudici nel caso dovessero dargli torto. Le liste di prescrizione della stampa è meglio lasciarle agli anni bui del nostro passato.

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