Plastica Mediterraneo: studio del Cnr individua isole di rifiuti

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Delle vere e proprie isole di rifiuti connotano oggi i mari che circondano la nostra penisola: i livelli di plastica nel Mediterraneo stanno raggiungendo infatti anno dopo anno numeri sempre più impressionanti, come certifica un’analisi effettuata da un gruppo di biologi del Cnr e pubblicata su Scientific Reports, che non esita a parlare di ‘zuppa di plastica’ riferendosi al Mediterraneo, oramai da paragonare agli altri oceani per livelli di inquinamento. I frammenti di microplastiche arriva a una densità di 1,25 milioni di frammenti nel Mediterraneo, composti in gran parte dai rifiuti appartenenti alla nostra quotidianità.

Come spiega lo studio coordinato tra gli altri da Stefano Aliani, che con i suoi colleghi biologi nel 2013 ha raccolto i campioni di spazzatura a bordo della nave del Cnr Urania, a finire in mare sono ‘sacchetti e bottiglie che vengono degradati dalla luce. Nel giro di anni o perfino secoli, a seconda del tipo di plastica e dell’ambiente in cui finiscono, questi rifiuti si riducono in poltiglia‘. Una poltiglia che raggiunge il record di inquinamento nel Tirreno settentrionale, fra Corsica e Toscana, con 10 chili di immondizia per chilometro quadrato riscontrati, mentre fra Sardegna, Sicilia e coste pugliesi, la media si attesta invece sui 2 chili. Complessivamente la plastica risulta essere meno abbondante nel mare Adriatico, con una media di 468 grammi per chilometro quadro, rispetto al versante occidentale del Mediterraneo.

Tra i materiali responsabili di questa zuppa o poltiglia di plastica che abbonda nel Mediterraneo vi è il packaging non riciclabile, scatole e involucri che in Europa contribuiscono al 40 per cento della produzione di questo materiale, e a più del 10 per cento dei rifiuti. Oltre il 90 per cento della plastica trovata in mare è composta da frammenti di meno di 5 millimetri, le famigerate microplastiche che finiscono per uccidere pesci e uccelli, e le cui tracce sono oramai riscontrabili ovunque, persino nelle zone più remote e inaccessibili per l’uomo, ovvero Artide e Antartide. Secondo Aliani ‘la gravità della situazione del Mediterraneo non ci stupisce: è un mare sostanzialmente chiuso, in cui una particella ha un tempo di permanenza di circa mille anni. Teoricamente, cioè, impiega tutto quel tempo per attraversare la stretta imboccatura di Gibilterra. Nelle sue acque sboccano anche fiumi importanti come Danubio, Don, Po e Rodano‘. A dispetto di ciò, le isole di plastica che osserviamo oggi nel mondo sono solo una piccola percentuale di quanto prodotto dall’uomo nei secoli: non sappiamo che fine abbia fatto gran parte del materiale gettato in mare, ma gli scienziati ipotizzano che molto si sia depositato sul fondo degli oceani, lì dove l’uomo non è in grado di osservare lo scempio che ha generato.

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