Perché si dice toccare ferro per scaramanzia: l’arma contro il malocchio e la sfortuna

perché si dice toccare ferro

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E’ un’espressione che ‘serve’ ad allontanare la sfortuna: ma perché si dice ‘toccare ferro’ per scaramanzia? L’origine di questa frase, peraltro parecchio diffusa in Italiano, si perde nella notte dei tempi e si è mantenuta nel corso dei secoli soprattutto nei Paesi dell’area mediterranea. In Italia, toccare ferro è il gesto scaramantico per eccellenza, è detto a scopo di buona fortuna ed ha origine da un’antica simbologia legata ai ferri di cavallo. Ma perché proprio il ferro?

E’ capitato a tutti di compiere qualche gesto scaramantico alla vista di un gatto nero o passando sotto una scala, e benché consapevoli dell’inutilità di queste azioni, ogni tanto cediamo a queste ‘pratiche propiziatorie’: ma perchè si dice ‘toccare ferro’ quando, per scaramanzia, cerchiamo di allontanare la sfortuna?

Come accade per i modi di dire più diffusi in Italia (come ad esempio fare il bucato o in bocca al lupo) anche ‘toccare ferro’ ha un’origine molto antica, legata al valore (e all’utilizzo) che alcuni popoli attribuivano a questo materiale.

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Perché si dice ‘toccare ferro’ per scaramanzia, le origini del gesto

Secondo antiche culture il ferro, in quanto materiale estratto dal ventre della Terra, portava con sé diversi poteri: solido e resistente era ottimo per realizzare gli scudi, e il fatto che fosse ‘figlio’ della Madre Terra, lo rendeva strumento ideale contro il malocchio e la mala sorte. Era, in sostanza, un’arma magica.

La leggenda di San Dunstano

La tradizione più famosa legata al ferro come arma contro il malocchio e la sfortuna (che spiegherebbe, quindi, anche il perché si dice ‘toccare ferro’ per scaramanzia), riguarda un santo inglese, Dunstano di Canterbury, venerato dalla Chiesa cattolica e da quella Anglicana e celebre per le astuzie nel combattere il diavolo. Secondo la leggenda, infatti, il Maligno chiese un giorno al santo di ferrargli il cavallo ma quest’ultimo, invece che all’animale, inchiodò il ferro agli zoccoli del diavolo che, per poter essere liberato, fu costretto a fare una promessa: non avrebbe più infastidito le famiglie che, fuori sulla porta, avrebbero esposto un ferro di cavallo. Ecco perché tra i vari ‘ferri’ quello di cavallo è l’amuleto per eccellenza contro la sfortuna. Ma non solo.

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Che il ferro sia, per scaramanzia, l’arma ideale contro il malocchio, si riscontra anche in diverse pratiche in voga nel Medioevo: oltre ad inchiodarlo alla porta, rigorosamente fissato con un numero dispari di chiodi e con le estremità rivolte verso l’alto, il ferro di cavallo era spesso tenuto anche in casa, per allontanare le streghe e gli spiriti maligni, per scacciare i temporali e per tenere lontani gli orsi (che, in alcune culture, sono il simbolo del male). Ancora, secondo altre tradizioni, il ferro era in grado di restituire l’orientamento a chi lo aveva perso.

Si dice ‘toccare ferro’ o ‘toccare legno’?

Ragionando sul perché si dice ‘toccare ferro’ per scaramanzia, infine, vale la pena sottolineare come in Inghilterra e in alcuni Paesi Nordici la formula di scongiuro contro la sfortuna sia ‘toccare legno’, un detto che, secondo alcuni, ha più di un’origine. Per molti si lega ai culti arborei tipici delle tradizioni del Nord Europa secondo cui gli alberi, in particolare la quercia, sono maestosi e potenti perché dotati di poteri magici (in quest’ottica, quindi, il legno è ‘magico’ per via della sacralità degli spiriti che abiterebbero in alcuni alberi); per altri, invece, toccare il legno al posto del ferro deriverebbe dalla crocifissione di Gesù, sebbene si tratti di un gesto scaramantico che, per forza di cose, ha poco a che fare con la sfera della religione.

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