Migranti, prelievo delle impronte digitali con la forza: al via la norma del governo

Pozzallo, arriva nave con migranti

Prendere le impronte digitali ai migranti anche con la forza. Il governo sta varando una norma, da portare al Consiglio dei ministri, che consenta il prelievo “anche forzoso” delle impronte digitali e il fotosegnalamento dei migranti. I primi passi sono già stati fatti: il Dipartimento della pubblica sicurezza ha inviato il testo che farà parte di un provvedimento più ampio sugli hotpspot per “disciplinare il soccorso, la prima assistenza, l’identificazione nonché il rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, anche forzoso, dei migranti”. Tutto rientra in un disegno di legge sulle “disposizioni in materia di protezione internazionale, in avanzato stato di predisposizione, che sarà sottoposto all’esame di un prossimo consiglio dei ministri”. Cosa riguarda la norma e perché è necessario vararla al più presto?

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Il ministro Angelino Alfano lo ha confermato: “Stiamo lavorando a un’ipotesi articolata che riguarda diversi aspetti, compreso quello dell’uso della forza nei confronti di coloro che si rifiutano di sottoporsi al fotosegnalamento, obbligatorio per il nostro ordinamento e per quello europeo”. La mossa è necessaria, anche perché sull’Italia grava già procedura d’infrazione aperta dall’Europa per il mancato rispetto delle regole in materia di diritto d’asilo.

Cosa intende fare il governo? Al momento non è chiaro. La norma è in via di definizione e bisognerà capire quali sono i limiti che si daranno all’uso della forza per prendere le impronte o fare le foto segnaletiche. La questione ha un doppio aspetto: da una parte c’è la sicurezza del Paese e il rispetto delle norme europee, dall’altro il diritto dei profughi a essere protetti.

Le normative UE attuali, basate sul famoso Regolamento di Dublino, prevedono la creazione di hotspot nei luoghi d’arrivo su suolo europeo dove le forze dell’ordine devono registrare tutti i migranti entro 48 ore. La registrazione deve essere completata con le impronte digitali e il fotosegnalamento. Ad aiutare le autorità italiane ci sono funzionari dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo) e dell’Europol che però non hanno autorità di intervento.

Le operazioni sono essenziali per i richiedenti asilo e per i Paesi d’arrivo che devono controllare chi transita sul suolo nazionale, in un periodo dove l’allerta terrorismo è sempre altissima.

La realtà è però più complessa. Le procedure sono lunghe e spesso gli stessi migranti non vogliono farsi prendere le impronte: l’Italia non è la loro meta finale ma solo un passaggio ed essere registrati vuol dire fermarsi e aspettare le decisioni delle autorità italiane con il rischio di rimanere impantanati a lungo. Inoltre, molte persone che fuggono da regimi dittatoriali, come i somali, e non vogliono far sapere dove si trovano perché temono ritorsioni contro le famiglie rimaste in patria o contro loro stessi. Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le proteste dei migranti che chiedono maggiore sicurezza e di poter continuare il loro viaggio.

Nel frattempo, a dicembre 2015, dall’Europa è arrivata la messa in mora e la procedura d’infrazione per la questione impronte: oltre all’Italia, la lettera è arriva a Grecia e Croazia. Già a ottobre, rilevava la Commissione, era stato chiesto di mettersi a pari con quanto stabilito dalla legge europea che prevede il prelievo delle impronte digitali e il loro invio al database Eurodac entro 72 ore. Le autorità italiane hanno prima fatto notare le enormi difficoltà pratiche, poi si sono difese e hanno riportato i dati del successo delle operazioni, assicurando l’Europa. Qualcosa però non funziona se, a marzo 2016, il governo decide di varare la norma sull’uso della forza. La stessa Commissione UE aveva esortato il nostro Paese a usare metodi forzosi per completare le operazioni di registrazioni e solo ora il ministero sta mettendo mano alla norma.

In tutto questo, la stessa Europa che chiede all’Italia di usare la forza contro i migranti, si appresta a siglare un accordo con la Turchia pur di chiudere la rotta balcanica, ora presa d’assalto dai profughi. Il rischio, ancora una volta, è che siano i Paesi di confine (Italia e Grecia) a farsi carico di tutto, mentre gli altri rimarranno ben chiusi dentro i loro confini, indifferenti a tutto e a tutti.

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