Le parole dell’ambasciatore della Repubblica Islamica alla stampa dopo l’incontro con Mattarella

In seguito all’incontro tra Sergio Mattarella e Mohammad Reza Sabouri, il nuovo ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran, quest’ultimo ha preso parte a un incontro con la stampa a Roma, in cui ha detto la sua sulle richieste del Presidente della Repubblica e ha parlato dell’attuale situazione che sta vivendo il suo Paese, sviscerando anche alcune problematiche divenute ormai di portata mondiale.

Sergio Mattarella
Sergio Mattarella – Nanopress.it

Quello che sta accadendo in Iran sta facendo praticamente il giro dell’intero globo. La morte di Mahsa Amini non ha fatto altro che scoperchiare un vaso di Pandora ormai colmo fino all’orlo, da cui sono usciti anni di repressione, abusi, soprusi ai danni di un’intera popolazione che spesso aveva tentato di ribellarsi, ma senza mai riuscirci a pieno. Pare infatti che il vero bersaglio dei cittadini sia tutto il regime teocratico che governa il Paese e così, mentre continua la ribellione, continuano parallelamente arresti, umiliazioni, vessazioni e pare che ormai tutti – cittadini e regime – siano entrati in una spirale di violenza che non si sa né se né quando finirà. Nel frattempo, pensando di poter in qualche modo arginare l’enorme problema che il Paese sta vivendo ormai da quasi quattro mesi, Sergio Mattarella ha ricevuto ieri al Quirinale Mohammad Reza Sabouri, il nuovo ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran e al loro incontro ne è seguito un altro con la stampa questa mattina.

Sergio Mattarella incontra il nuovo ambasciatore dell’Iran

Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica, riceve al Quirinale Mohammad Reza Sabouri, il nuovo ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran ed esprime “la ferma condanna della Repubblica Italiana e la sua personale indignazione per la brutale repressione delle manifestazioni e per le condanne a morte e l’esecuzione di molti dimostranti”, come si legge in una nota. Questo accadeva ieri pomeriggio, in occasione della presentazione delle lettere credenziali, alla presenza anche del vice ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli.

Durante lo stesso incontro, Matterella ha anche intimato a Sabouri di “rappresentare presso le autorità della Repubblica Islamica dell’Iran l’urgenza di porre immediatamente fine alle violenze rivolte contro la popolazione”, affermando che “il rispetto con cui l’Italia guarda ai partner internazionali e ai loro ordinamenti trova un limite invalicabile nei principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. 

Arriviamo a oggi. Stamattina si è tenuta una conferenza stampa, sempre a Roma, al cui centro vi era proprio Mohammad Reza Sabouri e a cui hanno preso parte i giornalisti di tantissime testate e qui è arrivata la sua risposta alle richieste del Presidente della Repubblica, che a quanto pare hanno avuto, almeno per lui, il sapore di vere e proprie imposizioni, un sapore troppo amaro da tollerare: “La Repubblica islamica dell’Iran accetta e condivide il diritto internazionale e rispetta i diritti delle donne. Rispettiamo i valori umani, ma non accettiamo la pretesa di alcuni Paesi di imporre la loro cultura e il loro stile di vita ad altre società”. Sembra questo un modo per dire “accetto il tuo parere, ma non seguirò il tuo consiglio”, cosa che in effetti pare in linea con la condotta islamica, che comunque a detta del diplomatico è sempre stata basata sulla “libertà, di pensiero e di scelta” (dovremmo chiedere alle donne iraniane cosa pensano al riguardo).

C’è da dire che in realtà Mattarella si è solo inserito su una lunghissima scia di appelli pervenuti negli ultimi mesi, da quando cioè il 22 settembre 2022 una giornalista iraniana, Niloufar Hamedi, annunciò la morte di una 22enne, Mahsa Amini, arrestata il 3 settembre con l’accusa di non aver indossato il velo correttamente. Secondo le autorità a causare il suo decesso sarebbe stato un infarto, ma in realtà secondo la famiglia la ragazza sarebbe stata picchiata così forte da aver avuto un trauma tanto grave da causarne la morte. La foto dei genitori in lacrime nei corridoi dell’ospedale iniziò in poche ore a fare il giro del mondo e da lì il putiferio è scoppiato e ancora oggi, quasi quattro mesi dopo, non si è mai placato.

Riassumere la situazione che oggi vive il popolo iraniano è praticamente impossibile, ma quello che è certo è che il regime non ha alcuna intenzione di cedere e di modificare le rigide regole sul velo (e non solo). A poco sono servite le accuse dell’ONU, che ha espressamente detto: “L’utilizzo come arma delle procedure penali per punire le persone che esercitano i loro diritti fondamentali, come coloro che partecipano o organizzano manifestazioni, equivale a un omicidio”. Fatto sta che 109 persone, come ha sottolineato Volker Türk, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, sono state arrestate durante alcune dimostrazioni anti-governative e tutte loro rischiano di essere condannate a morte oppure giustiziate. E non solo, perché pare che questo numero potrebbe anche essere stato volutamente ridotto, perché le autorità avrebbero cercare di insabbiare alcuni arresti.

Sergio Mattarella
Sergio Mattarella – Nanopress.it

Ben 88 giornalisti sono stati arrestati nel Paese, come emerge da un rapporto del Committee to Protect Journalists (Cpj) e due manifestanti,  il 22enne Mohammad Ghobadlou e il 19enne Mohammad Boroughani, sono stati già condannati a morte e quindi non resta loro che aspettare la data della loro esecuzione, anche se i legali del primo stanno tentando di impedire che l’impiccagione pubblica avvenga.

Le parole dell’ambasciatore

Nel frattempo pare che i rapporti tra Italie e Iran oggi sia tutt’altro che idilliaci, soprattutto dopo la scarcerazione di Alessia Piperno, la travel blogger arrestata il 28 agosto 2022 a Teheran e trasferita poi nel carcere di Evin, considerato uno dei più duri del Paese. “Ci aspettiamo di vedere un atteggiamento più costruttivo da parte delle autorità italiane. Sono qui come ambasciatore iraniano per mantenere e rafforzare i nostri rapporti bilaterali”: così ha parlato l’ambasciatore iraniano, che durante l’incontro con la stampa ha anche assicurato che “le manifestazioni in Iran sono ammesse ma solo se pacifiche, la pena capitale è autorizzata per reati più gravi” e così ha chiuso l’argomento sulla richiesta da parte del Belpaese di porre fine alle sentenze capitali.

Ovviamente Sabouri ha detto la sua anche circa il possibile inserimento dei pasdaran nella lista dei terroristi. A questo proposito ha dichiarato: “Il corpo delle Guardie della Rivoluzione iraniana è un corpo ufficiale della Repubblica islamica che ha relazioni anche strette con forze militari di diversi Paesi e ha avuto successi straordinari negli ultimi 40 anni, come la lotta vittoriosa contro al Qaeda e l’Isis. Abbiamo chiesto a tutti i Paesi, tra cui Italia, di non entrare in ambiti come questo, che costituiscono una linea rossa per la Repubblica islamica dell’Iran”.

C’è poi un altro nodo da sciogliere: quello della violenza sulle donna incarcerate. Solo poche settimane fa, un lungo reportage della Cnn ha acceso i riflettori su una serie di notizie inerenti a questo tema, riportando il caso di una donna – chiamata Hana per preservare la sua incolumità – che avrebbe raccontato: “C’erano ragazze che sono state aggredite sessualmente e poi trasferite in altre città. Hanno paura di parlare di queste cose”. A quanto pare, stando sempre a ciò che ha affermato la Cnn, a volte il regime usa la violenza fisica come mezzo per “ricattare le manifestanti” oppure comunque per scoraggiarle e indurle a fare marcia indietro. E infatti sono trapelati video su video che hanno dimostrato che le forze dell’ordine iraniane aggredivano davvero sessualmente le manifestanti e una serie di segnalazioni sono arrivate.

Di recente pare che il procuratore generale nel Paese abbia disposto indagini per capire di più sulla vicenda e cioè in sostanza per “approfondire e verificare la veridicità” delle denunce, soprattutto alla luce del fatto che “in base ai dati ufficiali, nelle prigioni dove sono rinchiuse le detenute non hanno accesso gli uomini”. Nel frattempo anche l’Organizzazione per la difesa dei diritti umani sta indagando contemporaneamente.

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