La Porta Del Cuore, Gabriele Parpiglia a NanoPress: ‘Ringrazio le cadute e le sconfitte’ [INTERVISTA]

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Un cuore, una porta, sullo sfondo una inedita Formentera. A distanza di un anno, Gabriele Parpiglia, giornalista del settimanale CHI e autore televisivo, torna in libreria con #LaPortaDelCuore, il suo secondo romanzo, edito da Mondadori Electa. Nel sequel di #Formentera14 il protagonista Giacomo detto Jack è costretto ad affrontare una nuova fase. La vita, infatti, lo mette davanti a un bivio: può tenere il passato lontano e vivere il suo lutto in silenzio, fingendo che nulla sia accaduto e nulla sia cambiato, oppure lo può affrontare aprendo la porta del cuore, appunto, per vedere cosa c’è dietro. Quasi inconsciamente Giacomo opta per la seconda soluzione e, uno ad uno, affronta tutti i suoi drammi, fino a quando anche l’ultimo nodo sarà sciolto. Non prima di aver saldato il conto: il passato torna sempre a bussare e, volenti o nolenti, si è sempre costretti ad affrontarlo.

Oltre a Giacomo-Jack, i lettori de #LaPortaDelCuore ritrovano tutto il mondo di #Formentera14: gli amici Fabrizio e Luca, Lucia e, ovviamente, Gloria. Gloria, presenza costante e ingombrante, è il filo conduttore del viaggio che Jack è costretto a intraprendere; un viaggio che lo porterà alla ricerca e alla scoperta di se stesso.

L’autore fa un salto in avanti e racconta non più solo l’amore fisico e adolescenziale, ma quello completo, profondo, nelle sue mille sfaccettature. Quindi via le apparenze, via i fronzoli, la smania di successo e l’ansia.

Pagina dopo pagina, Jack diventa Giacomo e si affaccia alla vita adulta. La paura di non farcela si trasforma in voglia e bisogno di costruire qualcosa di concreto per sé, a prescindere dal mondo esterno, a costo di scavare nel proprio dolore, recente e remoto, e, da quello, poi, imparare a ripartire.

E, forse, Giacomo non è il solo a ripartire. Ne La porta del cuore Gabriele Parpiglia prende confidenza con il suo personaggio, fino a farlo diventare il suo alter ego. Senza svelare nulla del finale, nell’arco delle 161 pagine si intravede anche un cammeo dello stesso autore.

“Riparto da me stesso”, ha dichiarato Parpiglia durante la presentazione che si è tenuta a Milano, e con questo secondo romanzo è evidente che si sia davanti alla fine di un ciclo, e per Giacomo e per il suo creatore.

Di seguito l’intervista di NanoPress a Gabriele Parpiglia.

Perché ha deciso di scrivere il sequel di #Formentera14?
Non era previsto. #Formentera14 è stato il mio primo romanzo, ho sempre scritto libri per gli altri e un secondo libro era un rischio, una scommessa. E’ andata bene, la storia è piaciuta e quando l’editore mi ha chiesto di scrivere il sequel ho accettato. Chi ha letto il primo rimane con la voglia di sapere che cosa succederà dopo. Alla fine ho capito solo una cosa.

Cosa?
Quando scrivi un libro non puoi allontanarti dalla verità. Ti devi giocare tutto e la sola via di racconto per rendere un sequel credibile è mettere dentro te stesso. E’ quello che ho fatto, in modo che chi lo leggerà non avrà più domande, dubbi, quesiti, ma potrà condividere, scegliere, capire, dire ‘sono così anche io oppure no’.

Stavolta chi è o cosa rappresenta Gloria?
Gloria c’è sempre e rappresenta due anime. Una, che è un passato che non va mai via; l’altra, un futuro con un punto interrogativo bellissimo.

Nei suoi romanzi il caso entra spesso a gamba tesa per sparigliare le carte. Crede al destino?
Il caso fa parte della mia vita. Credo assolutamente al destino, ma il destino lo devi anche in qualche modo condizionare. Sento a pelle tutto quello che mi accade intorno: le persone a cui sento di poter dar fiducia, su cui poter contare o puntare. Mi lascio guidare tantissimo dalla mia sensibilità, ma la reputo un elemento che va al 50% di pari passo con le cose che devono accadere mentre stai facendo altri progetti, come diceva John Lennon.

Alla presentazione ha detto: ‘Riparto da me stesso’. Con #Laportadelcuore si è chiuso un ciclo?
Sì. Questo libro si chiude in modo netto e, alla fine, non poteva essere altrimenti, quindi va bene così.

Nel libro affronta anche il tema della paternità, la ricerca dell’amore, ma forse anche di una stabilità: a cosa si è ispirato?
Mi sono ispirato all’instabilità. Per me la più grande fonte di ispirazione per scrivere un libro è quello che non hai. Se ci metti un pizzico di malinconia, riesci a immaginarlo e lo vedi ancora più bello. Allora raccontarlo diventa bellissimo. E’ come quando pensi alla donna dei tuoi sogni: la immagini in una scena di un film d’amore che vorresti vivere tu; ecco, io ho raccontato qualcosa che forse vorrei vivere e quando immagini una cosa bella lo fai così.

In #Formentera14 racconta un mondo di lustrini e paillettes attraverso gli occhi della scoperta, qui adotta un taglio critico. Cosa è cambiato?
Non è cambiato nulla, ho dovuto essere al passo coi tempi. I tempi dicono che siamo sempre più attaccati al valore che ci dà il social rispetto al valore che dovresti vivere tra le mura di casa; devi sempre mostrare un’immagine vincente, mentre è vincente anche la debolezza, è vincente anche la sconfitta. Oggi abbiamo perso le parole abbandono, malinconia, amore, bellezza, gioia, condivisione e le abbiamo sostituite con aggressione, violenza, bullismo, di tutto e di più volto al negativo. Secondo me non è banale dire che c’è voglia di raccontare storie con la parola amore.

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Quanto hanno pesato le sconfitte nella sua vita?
Ringrazio Dio di aver perso tante cose, tante persone, di non aver avuto quelle cose belle che sognavo da bambino, di esser caduto sul lavoro. Ringrazio tutte le volte in cui mi è andata male e in quei momenti non vedevo vie di fuga, mi dicevo ‘è finita’. Le sconfitte ti fanno imparare che ogni volta non ti puoi sentire sazio, appagato. Tutte le volte ho avuto paura, mi sono fatto male, però ogni caduta è servita a rimanere in equilibrio il più possibile e ritrovare la mia stabilità.

A un certo punto, si spoglia del suo alter ego e racconta alcune cose intime. E’ stato difficile?
E’ stata una liberazione. Di solito vedo la felicità o l’infelicità nelle altre persone, percepisco le emozioni traslate da quelle altrui. I programmi televisivi li fai per gli altri, il libro lo fai per te stesso.

Ne #LaPostaDelCuore quanto c’è di Gabriele e quanto di Gabriele Parpiglia? Quanto sono vicini o distanti il pubblico e il privato?
Chi lo leggerà capirà che nella domanda c’è la risposta.

Scrivere romanzi le sta piacendo o resta un’avventura a latere?
Il mio lavoro è scrivere e la scrittura – di un articolo, un programma, un servizio – viene prima di tutto, il resto è al secondo posto. Rinuncerei a tutto per scrivere.

Ci sarà un terzo romanzo?
No. Al momento devo iniziare un altro libro, una storia che farà molto discutere, e mi concentrerò su quello. Quando il romanzo busserà alla mia porta, sperando che La porta del cuore vada bene, aprirò sicuramente.

Si sente in debito o in credito con la vita?
Sono in credito per come sono partito e per quello che ho vissuto, che ho toccato. Devo solo dire grazie a chiunque mi abbia dato un’opportunità e posso ripagare con quello che ho: il lavoro.

Alla presentazione, però, ha affermato: ‘Sono il più corretto tra gli stronzi’.
Assolutamente sì, perché ieri ero convinto di fare la rivoluzione con la penna del gossip, oggi, prima di fare qualcosa, mi creo mille scrupoli. Non mi interessa arrivare primo. La cosa principale è fare bene il tuo lavoro e farlo nel modo più corretto possibile. Non sono una suora, non lo puoi essere in questo lavoro, però puoi trovare la giusta via di mezzo per far sì che chi è dall’altra parte rispetti il fatto che puoi essere suo amico nonostante questo mestiere. Se trovi la via di mezzo, il trucco per essere corretto sotto questo punto di vista, quando fai la presentazione del tuo libro li ritrovi tutti lì e hai la risposta.

Ha anche detto che ‘Scrivere un libro è una responsabilità’.
Sì, perché sapere che ci sono persone – un editore, un grafico, un editor, e così via – che lavorano per te fa paura, ha un peso cento volte più forte. Ho paura di deludere chiunque mi dia una possibilità. Ho la sindrome del povero che mi trascino dietro da quando sono nato e non mi abbandonerà mai.

Alla fine Jack-Giacomo-Gabriele troverà il suo pezzetto di felicità?
Tutto sommato posso dire di essere malinconicamente felice.

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