John Wick, la recensione del glorioso ritorno di Keanu Reeves

Recensione di John Wick

Avete presente il modo di dire “Anche un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno”? Beh, è esattamente l’opinione che ho di Keanu Reeves: per ogni bel film che fa, come Speed e Matrix, ce ne sono una dozzina da dimenticare, non ultimo Costantine. Per questo motivo quando sono entrata in sala per guardare John Wick ero a tratti perplessa e a tratti timorosa. Cosa avrei dovuto aspettarmi? Con quale genere di pellicola di Keanu Reeves avrei avuto a che fare? Per fortuna l’esperienza non è stata deludente, perché John Wick non sancisce solo il ritorno in auge dell’attore, ma è anche un ottimo film d’azione, eccitante e violento quanto basta.

L’impostazione del film è davvero molto semplice. Reeves interpreta l’eroe del titolo, John Wick, un assassino leggendario e invincibile che si è ritirato dalla professione cinque anni prima, quando si era innamorato. Ma sua moglie è appena morta, e un giovane gangster russo dalla testa calda, Iosef Tarasof (Alfie Allen, noto per il ruolo di Theon Greyjoy in Game of Thrones), ha stupidamente interrotto il suo lutto rubandogli la sua Ford Mustang del ‘69, riempiendolo di botte e uccidendo il suo cane. Ed è proprio lì, alla morte del cane, che John Wick svalvola di brutto e decide di tornare in attività. Con il suo abito scuro elegante e la sua barba trascurata, Wick è il classico uomo di poche parole che preferisce passare subito ai fatti. Non credo che dica più di una decina di battute in tutto il film, ma state pur certi che quando apre la bocca, è per promettere qualcosa che non tarderà a mantenere. Si esprime meglio con raffiche di pallottole di grosso calibro e una serie di colpi a mani nude che vanno sempre a segno. Non per nulla, come ci viene ricordato durante il film, “John Wick una volta ha ucciso tre uomini… usando solo una matita. Una sola ca**o di matita!”.

La vendetta di Wick non è però una missione semplice, perché il delinquentello che lo ha offeso è nientemeno che il figlio di Viggo Tarasof (Michael Nyqvist, dell’originale svedese di “Uomini che odiano le donne” e relativo sequel), un boss con il quale John aveva lavorato in passato. Ma chi vogliamo prendere in giro? Questo non lo salverà di certo dalla lucida sete di vendetta di John Wick! Da notare come il giovane Alfie Allen sia passato dall’interpretare il figlio arrogante e pieno di sé del lord delle Isole di Ferro Balon Greyjoy, quello che riesce a rovinare la vita al padre nel giro di poche puntate di Game of Thrones, a vestire i panni del figlio arrogante e pieno di sé del boss russo Viggo Tarasof, quello che riesce a rovinare la vita del padre nel giro di pochi minuti di film. Si vede che certi ruoli sono proprio tagliati su di lui.

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Sapientemente diretto dallo stuntman veterano Chad Stahelski, John Wick è un film energico, grazie anche alla semplicità narrativa della sceneggiatura di Derek Kolstad (già sceneggiatore di The Package) che gli dà un vero e proprio tocco pulp.

Wick e i suoi compagni sicari (tra cui Willem Dafoe, Ian McShane, e Adrianne Palicki) sono come dei massoni che vivono secondo un codice tutto loro; hanno anche un loro rifugio, riservato ai soli membri di questa élite, un albergo che segue regole fuori dall’ordinario.

John Wick avrebbe potuto facilmente essere un altro di quei film senza trama, in cui la violenza e l’azione fanno da unico filo conduttore. In realtà si ha la sensazione che chi lo ha realizzato, e Keanu Reeves stesso, mirassero a qualcosa di un po’ più intelligente, pur sapendo di stare lavorando a una pellicola con poche pretese concettuali. E’ un film godibile e che fa piacere guardare, un po’ come un orologio rotto nel momento in cui finalmente segna l’ora esatta.

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