Inquinamento delle acque marine, le cause da quello organico a quello chimico

Inquinamento delle acque marine

[didascalia fornitore=”pixabay”]Inquinamento idrico[/didascalia]

Inquietante e sterminato: l’inquinamento delle acque marine da cause organiche e chimiche include un elenco di agenti che non si può definire in altro modo. Le cause organiche si traducono in liquami non trattati, quelle chimiche includono petrolio, fertilizzanti, pesticidi e scarichi industriali. La lista prosegue, ancora, con le diossine, i metalli pesanti e le scorie nucleari. Il mare è grande, ma fino a quando potrà sopravvivere a tanti veleni?

Inquinamento delle acque marine da cause organiche

I liquami fognari che contribuiscono all’inquinamento delle acque marine derivano dalla popolazione umana e dagli allevamenti animali. Non riguardano solo le zone costiere: al mare arrivano anche gli scarichi riversati nei corsi d’acqua interni. I sistemi di trattamento delle acque fognarie sono deficitari in buona parte del pianeta. Nel terzo mondo praticamente non esistono, e le conseguenze? Contaminazione da germi patogeni incontrollata. Nell’Occidente il problema è persino peggiore. Alla contaminazione microbica si aggiungono quantità ingenti di rifiuti vari; prodotti per l’igiene, detergenti, carta, solo per citarne alcuni. Nei paesi civilizzati, esistono normative a salvaguardia dell’ambiente e della salute che impongono il trattamento degli scarichi fognari prima dell’immissione in mare. Il problema è l’inadeguata applicazione di tali norme. In Italia, un numero incalcolabile di impianti civili risulta irregolare. Anche gli allevamenti animali costituiscono una fonte importante di inquinamento delle acque marine da cause organiche. Di nuovo, il problema è l’assenza o la non applicazione delle norme.

Inquinamento delle acque marine da cause chimiche

Petrolio, plastiche, metalli pesanti, inquinamento da diossina, composti chimici derivati dagli scarichi industriali, fitofarmaci. Tutti questi contaminanti si stanno accumulando, con il risultato di un inquinamento delle acque marine sempre più incontrollabile.

Il petrolio e i suoi derivati rappresentano una delle principali fonti di inquinamento idrico. Derivano da varie cause. La più eclatante riguarda i disastri ambientali: un esempio illuminante è il disastro del golfo messicano del 2010. Il 20 aprile di quell’anno, sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della British Petroleum si è verificata un’esplosione che, nell’arco dei successivi 106 giorni, ha causato il versamento in mare di diversi milioni di barili di greggio. L’inquinamento delle acque marine che ne è derivato ha alterato l’ecosistema idrico/costiero, e messo in ginocchio l’economia delle fasce di territorio antropizzate affacciate sul golfo.
Altre fonti inquinanti sono i lavaggi delle petroliere e i carburanti per motori marini. Il prezzo pagato dagli ecosistemi è pesante. Il petrolio entra nella catena alimentare iniziando dalle basi della stessa – il plancton – e causa alterazioni organiche. In particolare, riduzione della fertilità e malformazioni, disfunzioni endocrine, tumori, che via via si propagano verso l’alto, razza umana inclusa. Le chiazze di greggio inoltre soffocano letteralmente i pesci e causano la morte di volatili e anfibi che ne vengono avvolti.

Si chiama plastisfera: è un nuovo ecosistema scoperto dai ricercatori nei mari. Popola le immense isole di plastica galleggiante che invadono mari e oceani. La più grande, la Pacific Trash Vortex, è due volte più estesa degli USA e continua a crescere. I microbi della plastisfera sono potenzialmente patogeni, anche se c’è chi ipotizza che vi si trovino batteri buoni mangiaplastica. Quel che è certa è la contaminazione degli organismi marini da parte delle plastiche: i frammenti possono soffocare persino gli albatri, che scambiano, pare a causa dell’odore, le plastiche per pesci. Peggio ancora, le microparticelle entrano nella catena alimentare: questo causa incremento dei tassi di tumori, alterazioni endocrine e riproduttive. Di recente è stata scoperta la plastica nell’acqua dei rubinetti di tutto il mondo.

L’inquinamento delle acque marine risente anche della massiccia presenza di metalli pesanti. Piombo, zinco, cadmio, rame, selenio e altri avvelenano le acque in modo persistente, non essendo soggetti a degradazioni biologiche. Il mercurio, in particolare, entra nella catena alimentare e, accumulandosi negli organismi superiori, provoca danni permanenti al sistema nervoso e riproduttivo. E’ mutageno e cancerogeno, con una letalità dose-dipendente.
Gli isotopi radioattivi affluiscono alle acque marine a causa degli scarichi provenienti dai siti di produzione. Disastri come quello di Fukushima possono ripercuotersi sugli ecosistemi di regioni molto lontane, a causa delle correnti marine e dei movimenti migratori dei pesci delle acque contaminate.

L’insieme degli scarichi industriali contribuisce in larghissima misura all’inquinamento delle acque marine. Metalli pesanti, solfati, nitrati, acidi vari, residui di solventi sono solo alcune delle micidiali sostanze responsabili dell’inquinamento idrico da parte delle industrie. Una certa quota di tale inquinamento è inevitabile, a meno di limitare la produzione. Una parte, però, deriva da scarichi illegali. La depurazione delle acque infatti è un processo costoso e, purtroppo, talvolta la soluzione adottata è quella dell’illegalità. Inoltre nei paesi in via di sviluppo le norme anti-inquinamento sono spesso inefficaci. Il dato è importante perché oggi parte della produzione si è spostata proprio in tali nazioni, dove il costo del lavoro è minore. Il potere inquinante degli scarichi industriali deriva dalle sostanze di volta in volta coinvolte: si arriva alle morie massive degli organismi acquatici ai danni per la salute umana. Infine, da menzionare l’anidride solforosa e quella carbonica. La loro emissione avviene nell’atmosfera attraverso le ciminiere. Una parte viene poi sequestrata dalle acque superficiali marine, con aumento termico e danni agli ecosistemi.

I fertilizzanti e i pesticidi che causano inquinamento delle acque marine derivano dalle attività agricole, specie le colture intensive. Una delle conseguenze è l’eutrofizzazione: ossia l’aumento abnorme della flora marina che altera gravemente l’ecosistema. Il danno deriva soprattutto dall’aumento dei batteri putrefattivi che si nutrono della flora, sottraendo ossigeno all’acqua fino al punto da provocare la morte dei pesci. I pesticidi sono cancerogeni, alcune molecole oggi proibite hanno inquinato pesantemente le acque nei decenni passati.

Le diossine sono inquinanti ambientali persistenti, ossia occorrono vari anni perché vengano eliminate dall’ambiente. Si accumulano nei tessuti grassi degli organismi animali, uomo incluso, e provocano tumori, alterazioni immunitarie, problemi cutanei e alterazioni endocrine. La diossina presente nelle acque marine deriva dalle attività umane, in primis quelle industriali. Nei mari, le molecole di diossina entrano a far parte della catena alimentare, ritornando così sulla terraferma e danneggiando la salute umana.

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