Flat tax come funziona in Italia? Il significato e un esempio

Flat tax come funziona in Italia

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Si torna a parlare di Tassa piatta o Flat Tax: come funziona? In Italia vige un differente schema fiscale che non si basa sulla tassa unica ma su un sistema proporzionale, quindi, per semplificare, di seguito faremo qualche esempio di come funziona la flat tax nel mondo e quali sono le recenti proposte della politica italiana – di Flat Tax ha parlato Renzi, ma anche Salvini, già quando ancora il suo partito si chiamava Lega Nord – in merito. Di seguito vediamo nel dettaglio quali sono i principi della flat tax, come funziona in Italia e nel mondo, e quali sono i pro e i contro di un sistema fiscale basato sulla tassa ‘forfettaria’.

Flat Tax, come funziona?

Si parla di Flat Tax, come funziona di preciso? Anticipiamo che si tratta di una tassa forfettaria unica da calcolare sui redditi dei cittadini, con lo scopo – in teoria – di ridurre la pressione fiscale e favorire i consumi dei cittadini e gli investimenti da parte delle imprese.

La Flat tax – o tassa piatta – quindi, pone le sue basi su un sistema con una sola aliquota, non progressiva, sul reddito (privato e aziendale) considerato al netto di detrazioni e deduzioni. Di conseguenza più è alto il reddito, più alta sarà l’imposta da pagare, ma l’aliquota resta la stessa.

Nel mondo la flat tax è applicata in diversi paesi, in alcuni dei quali è stabilita anche una precisa no tax area, quindi i cittadini al di sotto di un determinato reddito sono esonerati dal pagamento delle tasse.

Durante il governo Gentiloni la proposta di riforma del fisco con l’introduzione della Flat tax con un’aliquota pari al 25% su Irpef, Ires e Iva, è stata lanciata da Nicola Rossi (Gruppo Misto) dopo essere stata elaborata dall’Istituto Bruno Leoni. Quella proposta prevedeva anche l’abolizione dell’Irap e dell’Imu e una riforma profonda del sistema sanitario. Ma questa idea di tassa forfettaria nasce ancora prima, da un’idea del premio nobel per l’economia Milton Friedman. Nel 1994 fu ripresa e lanciata per la prima volta in Italia da Silvio Berlusconi (con aliquota superiore al 20%), suggerita dal professor Antonio Martino, allievo di Friedman. Da diversi anni la flat tax è una delle proposte lanciate dall’ex Lega Nord – che oggi si chiama solo Lega – quindi da Matteo Salvini, rilanciata nella campagna elettorale che precede le elezioni politiche 2018.

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In questo video, Armando Siri, responsabile economico di ‘Noi con Salvini’ e ideologo della flat tax al 15%, spiega il suo funzionamento. Cardine della proposta è l’adozione dell’aliquota al 15% e no tax area a 7.000 euro, ma, ad esempio, nella nuova proposta di Silvio Berlusconi per il 2018 l’aliquota, per funzionare bene, deve arrivare al 20%, con una no tax area per pensionati e lavoratori fino a 13.000 euro annui. Matteo Renzi del Partito Democratico sostiene invece che la flat tax sia ingiusta, e che toglie denaro dalle tasche dei poveri invece di tutelarli.

Riportiamo l’esempio di flat tax come ipotizzato da Siri e Salvini della Lega. Si riferisce a una famiglia monoreddito con moglie e figlio a carico. Partiamo da una base di 23.000 euro.
Con il sistema fiscale attuale, in Italia la tassazione è la seguente: 15.000 euro sono tassati al 23%= 3.450 euro + 8.000 euro tassati al 27% = 2.160, per un totale di 5.610 euro. A questa somma va applicata la detrazione d’imposta, quindi 5.610 – 2.720 = 2.890 euro, e questo è il totale di imposta da pagare.
 
Con la flat tax al 20%, così come proposto da Berlusconi, su un reddito di 23.000 euro la tassazione avverrebbe così: deduzione di 3.000 per i componenti del nucleo familiare preso ad esempio, per un totale di 9.000 euro. Tale cifra va sottratta dal reddito imponibile, per cui avremo un totale di 14.000 di imponibile netto. Tale cifra va moltiplicata per il 20%, quindi 14.000 x 20% = 2.800 euro, e questo sarebbe il totale di imposta da pagare.

Con la flat tax al 15%, la tassazione su un reddito di 23.000 sarebbe invece da calcolare così: 3.000 x 3 di deduzione in base ai componenti del nucleo familiare, da sottrarre al reddito totale (23.000 – 9.000 = 14.000). Questo imponibile netto viene moltiplicato per l’aliquota della flat tax al 15%, quindi 14.000 x 15% = 2.100 euro, e questo sarebbe il totale di imposta da pagare.

Iniziamo con il dire che la Costituzione Italiana (articolo 53) stabilisce che il sistema tributario nel nostro Paese deve seguire regole progressive della tassazione, in relazione alla capacità contributiva dei cittadini. Ad ogni modo si sono già formati gli schieramenti di chi si dice contro o pro flat tax. I sostenitori della tassa forfettaria la ritengono un ottimo sistema per contrastare l’evasione fiscale, inoltre tutti i cittadini, se tutti i cittadini pagassero, potrebbero versare meno tasse. Inoltre gli imprenditori potrebbero investire con più facilità.

Ci sono però anche degli svantaggi nell’utilizzo della flat tax, primo tra tutti un minor introito di denaro nelle casse dello Stato, con conseguente necessario taglio nella spesa pubblica. Inoltre ci sarebbe un appiattimento generale nel trattare il singolo cittadino, perché cadrebbe tutto il sistema fondato su detrazioni e deduzioni in base all’effettivo componimento del nucleo familiare e sulle spese effettuate dai contribuenti (tutte le voci che compongono la dichiarazione dei redditi). In dettaglio gli esperti lanciano dunque l’allarme di una flat tax iniqua, soprattutto senza una no tax area o detrazioni specifiche in base alla situazione personale del cittadino, che potrebbe avvantaggiare solo i contribuenti più ricchi.

La Russia ha adottato la flat tax al 13% dal 2011. L’Estonia dagli anni ’90 ha una tassazione forfettaria con aliquota al 24%. In Lettonia vige la flat tax con aliquota al 25%. In Lituania è al 33%. In Repubblica Ceca la flat tax è al 23%. In Ucraina è al 15%, in Romania è al 16% dal 2005. In Albania e Bulgaria vige dal 2008 con aliquota al 10%.

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