Ferie illimitate ai dipendenti Virgin: la rivoluzione di Richard Branson

Una rivoluzione annunciata che potrebbe cambiare il volto del mondo del lavoro. Sir Richard Branson, numero uno di Virgin, ha infatti deciso di dare ferie illimitate ai suoi dipendenti. Dopo aver concesso il congedo di un anno a stipendio pieno per i neo genitori del personale di Virgin Management, il miliardario si spinge oltre e prova, per la prima volta, a togliere ogni limite temporale alle vacanze dei dipendenti, a patto di non compromettere i progetti su cui stanno lavorando. L’idea era nell’aria da tempo in casa Virgin che ha preso esempio da Netflix, dove questa politica è già applicata. Lo stesso Branson l’aveva annunciata a settembre nel suo libro “The Virgin Way”: se non esiste più il lavoro classico dalle 9 del mattino alle 5 del pomeriggio, perché le ferie devono essere stabilite da un contratto? “Starà al dipendente decidere se e quando ritiene di prendersi qualche ora, un giorno, una settimana o un mese libero”, scriveva il miliardario, augurandosi che “lo farà solo quando sarà sicuro al cento per cento che la sua assenza non danneggerà in alcun modo il business, o la propria carriera”.

La scelta è senza dubbio rivoluzionaria ma non è un’assoluta novità. Crescono le aziende che rompono i soliti schemi lavorativi, escono dalla routine e puntano alla responsabilizzazione dei dipendenti. La decisione di Branson ha sollevato dubbi e qualche perplessità, nonostante i vantaggi per entrambe le parti. I dipendenti potranno scegliere come regolare la propria vita lavorativa e non, mentre l’azienda non dovrà accollarsi il costo delle ferie maturate e non godute.

Dare una maggiore responsabilità ai dipendenti potrebbe però avere anche dei risvolti negativi: secondo alcuni, il rischio è che i lavoratori non prendano più le ferie per una sorta di senso di colpa indotto.

In realtà, il mercato del lavoro sta cambiando e sta andando nella direzione indicata da Branson. Lo smart work ha modificato il concetto di lavoro e produttività. Le tecnologie che usiamo tutti i giorni per parlare con gli amici, condividere informazioni e scambiarci opinioni, sono usate anche per lavorare. Telelavoro e non solo hanno dato un volto nuovo al concetto stesso di produzione: niente più viaggi quotidiani in mezzi pubblici stipati all’inverosimile o su strade bloccate dal traffico; niente momenti morti e cali di concentrazione; più tempo per la vita famigliare e rapporti lavorativi magari meno costanti ma più pregnanti.

L’Italia stessa sta cercando di uscire dal classico lavoro da 8 ore al giorno. I Paesi del Nord Europa sono stati i primi a puntare sullo smart working, riuscendo così a coniugare alte prestazioni con uno stile di vita più slow. Il cofondatore di Google, Larry Page, ha forse dato la migliore definizione della percezione sbagliata che permane del lavoro oggi. Secondo lui, in un’era così tecnologicamente avanzata, “l’idea di dover lavorare così tanto per soddisfare i nostri bisogni è semplicemente falsa”.

Secondo l’Osservatorio Smart Working, le aziende italiane che hanno adottato qualche iniziativa di questo genere nel 2014 sono state il 67% e solo l’8% lo ha fatto in maniera sistematica, ma la tendenza è in aumento e nei prossimi due anni si stima che saranno il 19% le imprese smart working. Se il mondo oggi non ha confini, anche il mondo del lavoro dovrà adattarsi per stare al passo con i tempi.

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