Emmanuel Macron, la biografia: chi è il nuovo presidente della Francia

Emmanuel Macron alla tv francese

Da stella della politica francese a nuovo presidente della Francia nell’era post partiti. Emanuel Macron è il più giovane candidato all’Eliseo della Quinta Repubblica: a soli 39 anni arriva alla presidenza del Paese dopo aver battuto Marine Le Pen al ballottaggio del 7 maggio. Ex banchiere, ex consigliere di Francois Hollande e poi ministro dell’Economia nel secondo governo Valls, Macron ha una vicenda politica diversa da quella dei classici candidati di sinistra (o centrosinistra): dopo gli inizi nel partito socialista, si è avvicinato all’ex presidente Hollande e lo ha sempre sostenuto, firmando tra l’altro una legge che porta il suo nome, la legge Macron, che ha aperto al liberismo sociale e alla cosiddetta terza via. Infine, ha fondato un suo movimento, En marche, fuori dai classici schemi della sinistra (e della destra) che lo ha portato a diventare il nuovo presidente della Francia.

Macron arriva all’Eliseo al termine di una carriera politica in rapida ascesa, iniziata tra le fila del Partito Socialista e proseguita con una formazione nuova, la sua En marche, in cammino, movimento da lui fondato per la candidatura all’Eliseo. Dopo la vittoria al primo turno delle presidenziali, la curiosità per la sua storia d’amore con la moglie Brigitte e l’aspra settimana di campagna elettorale contro Le Pen, è arrivato il momento di conoscere meglio il nuovo presidente francese.

Emmanuel Macron, la biografia

Francia, elezioni: Emmanuel Macron a Parigi

Nato ad Amiens il 21 dicembre 1977, Emmanuel Macron si laurea a Parigi all’istituto di studi politici e all’École nationale d’administration (ENA), iniziando a lavorare come ispettore delle finanze nel 2004.

Già membro attivo del Partito Socialista fin dal 2004, nel 2006 si schiera a fianco di Francois Hollande, cosa che non impedisce la sua chiamata da parte dell’allora presidente Nicholas Sarkozy nel 2008 quando viene creata la commissione Attali, guidata dall’economista Jacques Attali per rilanciare la crescita economica, come relatore esterno.

Terminata l’esperienza in commissione, Macron lavora per la banca d’affari Rothschild dove fa carriera rapidamente, venendo promosso associato interno nel 2010: due anni più tardi conclude un accordo tra Nestlé e Pfizer dal valore di 9 miliardi di euro che rimane negli annali della banca e segna la sua definitiva consacrazione, tra l’altro rendendolo milionario.

Sempre nel 2012 torna alla vita politica: dopo aver sostenuto Hollande alle primarie socialiste, viene nominato vice segretario generale all’Eliseo, contribuendo tra l’altro a creare il Cice, il Crédit d’impôt pour la compétitivité et l’emploi (credito d’imposta per la competitività e l’impiego), e il patto di responsabilità e solidarietà.

Nel 2014 viene nominato ministro dell’economia, dell’industria e del digitale nel governo Valls II, sostituendo Arnaud Montebourg, incarico che riveste fino al 2016, quando si aprono le battaglie politiche in vista delle presidenziali. Nel corso della sua permanenza a Bercy, lega il suo nome al disegno di legge per la crescita, l’attività e le pari opportunità economiche, meglio conosciuta sotto il nome di “legge Macron”, il primo passo per la riforma del mercato del lavoro.

Con l’approssimarsi delle presidenziali, Macron auspica una ricandidatura di Hollande, visto come candidato naturale della sinistra: quando l’ex presidente conferma di non volersi ripresentare per un secondo mandato, Macron decide di giocarsi il tutto per tutto.

Il 6 aprile 2016, quando ancora è un ministro, fonda un suo movimento, En Marche, cioè in cammino: il 12 luglio si tiene il primo incontro pubblico e dal palco annuncia di voler portare il movimento “fino al 2017 e fino alla vittoria“. Il 30 agosto dà le dimissioni dal governo e il 16 novembre annuncia la candidatura per le presidenziali francesi 2017.

Macron partecipa alle presidenziali con un suo movimento e senza prendere parte alle primarie dei socialisti, così come Jean-Luc Meléchon, rappresentante dell’estrema sinistra che ha corso da solo con la sua formazione La France insoumise (la Francia ribelle). Pur distanti anni luce per posizioni politiche (Meléchon non si è schierato con lui al ballottaggio contro Le Pen), i due rappresentano lo stesso spirito dei tempi, quelli della fine dei grandi partiti come li abbiamo conosciuti finora.

Per il giovane centrista, fautore della cosiddetta Terza Via e del liberismo sociale, la vera sfida inizia ora: formare un governo ma soprattutto unire un Paese che l’ha votato come male minore e che ora è pronto a dar battaglia al nuovo presidente.

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