Elezioni Emilia Romagna 2020: la vera sfida tra PD e Lega

Domenica 26 gennaio si voterà in Calabria dove il centrodestra viene considerato favorito per scalzare il centrosinistra che guida della regione dal 2015. Ma, dato anche il passato della storia della regione, le elezioni in Emilia Romagna sembrano essere in qualche maniera più rilevanti, in particolar modo per il futuro del Partito Democratico e quindi, indirettamente, per quello del governo, attirando per questo molta più attenzione. Una sconfitta netta della sinistra, infatti, potrebbe portare alle dimissioni del segretario PD Nicola Zingaretti e, conseguentemente, addirittura a una caduta del governo. Sia il Partito Democratico che diversi esponenti del governo hanno subito smentito che le elezioni in Emilia-Romagna possano avere effetti così significativi, ma tali rassicurazioni non hanno attenuato i timori e, in caso di grave sconfitta, con molta probabilità ci saranno parecchi malumori nella maggioranza che sostiene il governo.

I candidati per le elezioni in Emilia Romagna

I due principali poli di riferimento sono Stefano Bonaccini del PD, presidente uscente della regione, e Lucia Borgonzoni, senatrice della Lega appoggiata dal centrodestra. I sondaggi danno i due candidati molto vicini ed è probabile che la vittoria sarà assegnata per pochi voti. Presenti anche cinque candidati con poche possibilità di raggiungere un significativo numero di voti come Simone Benini, un imprenditore di Forlì appoggiato dal Movimento 5 Stelle; Laura Bergamini, del Partito Comunista; Marta Collot, candidata da Potere al Popolo!; Stefano Lugli, candidato di Rifondazione Comunista e infine Domenico Battaglia, del Movimento 3V.

Bonaccini, candidato supportato dalla coalizione del centrosinistra, ha personalizzato la propria campagna elettorale, nascondendo il simbolo del PD dai suoi manifesti per dare spazio alla sua figura di amministratore capace e competente. Il candidato modenese ha attaccato soventemente la sua avversaria Borgonzoni, accusandola di essere soltanto un paravento di Matteo Salvini, leader della Lega e vero animatore della campagna elettorale del centrodestra. Lo slogan più utilizzato è stato “Dopo il 26 gennaio Salvini se ne andrà, ma Borgonzoni rimarrà in regione“.

La coalizione del centrodestra, supportando la candidata Borgonzoni, ha invece attuato una strategia tutta focalizzata su Salvini e sui temi nazionali e mediatici che porta avanti ormai da anni, dalle questioni legate all’immigrazione alle indagini della magistratura sul sistema degli affidi del comune di Bibbiano, senza soffermarsi troppo sulle questioni specificatamente inerenti la regione. La candidata bolognese ha seguito attentamente questa strategia con il risultato che è di fatto scomparsa dalla campagna elettorale, sostituita quasi completamente da Salvini (un fenomeno accaduto in tutte le ultime regionali, tutte vinte dal centrodestra).

Le sardine

Il centrodestra, però, sta facendo i conti con un altro avversario, con cui sta combattendo ormai dallo scorso novembre, ossia le Sardine. Il movimento, infatti,  ha deciso di tornare in piazza, proprio lì dove tutto ebbe inizio e per tutta la durata della campagna elettorale ha soffiato le piazze e consensi al leader Salvini, in una contestazione continua, come è successo a Bibbiano, aiutando, anche se indirettamente, il candidato della coalizione del centrosinistra. In queste elezioni, dunque, si sono presentate prepotentemente le Sardine, che sebbene non siano protagoniste di questa campagna elettorale, sicuramente finiranno per avere un peso politico. Le elezioni in Emilia Romagna si preannunciano uno snodo cruciale per le sorti del Paese. La regione romagnola, da sempre fortino rosso, è diventata terreno di scontro principale tra le forze politiche in gioco a livello nazione.

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