Dorme per sei giorni accanto al corpo della moglie morta : ‘Lo consiglio per superare il dolore’

russell davison facebook

Foto da Facebook

Dorme per sei giorni accanto al corpo della moglie morta e in un lungo post su Facebook spiega le sue motivazioni, consigliando di fare la stessa cosa a tutti coloro che si trovano a vivere un lutto. La storia di Russell Davison e della moglie Wendy arriva da Derby, Inghilterra, e dai media britannici ha fatto il giro del mondo. L’uomo ha scritto un lungo post sulla sua pagina Facebook in cui racconta la malattia della moglie, morta di tumore all’utero, la sua battaglia contro la malattia e soprattutto la scelta di tenerla a casa il più a lungo possibile dopo il decesso. “La morte sembra essere un tabù per la nostra società, nessuno sembra volerne parlare: noi invece ne abbiamo parlato tanto“, ha scritto Russell.

Il post su Facebook ha ricevuto molti commenti e in tanti hanno voluto dimostrare la loro vicinanza a Russell in un momento così doloroso.

Wendy, racconta il marito, aveva scoperto di avere un tumore dieci anni fa e lo ha affrontato a suo modo, rifiutando chemio e radioterapia e concentrandosi sulla sua salute in generale. I miglioramenti avevano fatto pensare che la battaglia era vinta ma nel 2014 i medici diedero la brutta notizia: il cancro era tornato e le rimanevano sei mesi di vita.

Da allora, prosegue Russell, avevano viaggiato in lungo e in largo per tutta l’Europa finché il dolore non li aveva costretti a tornare a casa. Una volta arrivati, i due avevano cominciato a parlare di come affrontare il momento della morte.

La morte sembra essere un soggetto tabù nella nostra società, nessuno sembra volerne parlare di questo. Noi ne abbiamo parlato molto e ci abbiamo lavorato su“, scrive l’uomo sulla sua pagina Facebook. “Wendy non aveva paura di morire e quindi non eravamo spaventati di parlare della morte. Siamo stati ingannati dalla TV e dai film nel pensare che c’è qualcosa di spaventoso nei corpi dei morti“, prosegue Russell che specifica come la stessa Wendy era stata presente alla riunione di pianificazione e anzi vi aveva partecipato attivamente.

Avevo deciso da tempo di tenere a casa il corpo di Wendy, dopo la sua morte – continua il post-. Non volevo che si trovasse in una camera mortuaria o fosse dato ad un impresario delle pompe funebri, volevo prendermene cura io nella nostra casa, volevo averla nel nostro letto, in modo da poter dormire nella stessa stanza. Ero sicuro che questo ci avrebbe confortati ma sono meravigliato per quello che sta accadendo. Avere il corpo di Wendy qui ed essere in grado di sedermi accanto a lei tutto il giorno, vedere i suoi amici e la famiglia farle visita, parlarle, parlare di lei, le luci delle candele e l’incenso, tutto ha contribuito a rendere l’esperienza bella e consolatoria per me, per i ragazzi e per tutti quelli che hanno preso parte“, prosegue Russell.

I miei nipoti sono venuti a farle visita la scorsa notte ed erano un po’ nervosi perché non avevano mai visto un corpo morto prima d’ora, ma dopo aver passato un po’ di tempo con noi nella stessa stanza di Wendy, hanno detto di aver trovato quell’esperienza piena di pace e conforto. Qualcosa di molto bello sta accadendo nella nostra casa in questo momento e non riesco a non pensare che sia merito di Wendy“, ha aggiunto.

L’uomo ha poi parlato della sua esperienza in un’intervista all’Indipendent. “So che potrebbe suonare strano, ma la consiglierei assolutamente a tutti. Lei era così bella. Le ho messo degli slip per l’incontinenza, in caso ci fossero delle perdite. Non si sentiva alcuna puzza, non c’erano liquidi. Abbiamo chiuso le tende in modo che il suo corpo non fosse esposto alla luce diretta, non c’è stata decomposizione, nulla che potesse essere sgradevole o inquietante“, ha raccontato.

Per lui e la sua famiglia, avere con sé il corpo di Wendy così a lungo è stato un toccasana e ha reso meno doloroso un momento così difficile. “Nessuna parola potrebbe mai descrivere il legame che avevamo io e Wendy. Eravamo una persona sola e ora la metà migliore se n’è andata“, conclude Russell. “Il mio cuore è a pezzi, non so se guarirà mai e non so se neanche voglio saperlo, però ora piango molto meno e sono sicuro che col tempo starò meglio“.

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