Dati personali su cellulare e web: con le nuove norme sarà sorveglianza di massa?

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«Benvenuti nell’Italia della sorveglianza di massa» sui dati personali su web e cellulare. Questa la drastica conclusione di un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano dall’avvocato Fulvio Sarzana. Questo a causa delle nuove norme contenute nelle “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2017”.
Norme, già approvate dalla Camera, che diventeranno definitive in settimana dopo lo scontato sì al Senato.

Perché il governo Gentiloni darebbe così via a una sorta di sorveglianza di massa sui dati personali su smartphone e internet?

COME PROTEGGERE I DATI PERSONALI ONLINE

Per stare al passo con le norme europee, ovvio. Quali sono le norme contestate? Due, in particolare.

La prima stabilisce che i dati personali sul telefonino e sul web debbano essere conservati fino a sei mesi. La nuova legge prevede che i provider italiani debbano conservare i dati dei cittadini italiani nel caso le autorità inquirenti li richiedano per azioni contro il terrorismo.

Il rischio, sottolinea Sarzana al Fatto, è che «le banche dati che contengono queste informazioni, che a volte vengono conservate da provider con poche disponibilità finanziarie (o all’opposto da grandi realtà con milioni di dati), vengano bucate da un hacker che poi decida di vendere i dati».

L’altro rischio è che, è vero che l’obiettivo ufficiale è la lotta al terrorismo, ma in realtà «l’operatore, se viene raggiunto da una richiesta non la può sindacare, né l’autorità di polizia può comunicare, per non pregiudicare le indagini, a un soggetto privato il motivo della richiesta». I dati, quindi, potrebbero essere utilizzati anche per motivi differenti.

La seconda norma “incriminata” è quella che assegna all’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il potere di intervenire in via cautelare per impedire ai cittadini l’accesso a determinati contenuti sul web. «Senza alcun controllo preventivo da parte di un magistrato».

«Poiché il web è composto di milioni di informazioni che cambiano in nanosecondi e la maggior parte di questi dati sono all’estero, non c’è modo di conoscere in anticipo la riproposizione dei contenuti che la norma vorrebbe censurare – spiega l’avvocato – se non con una tecnica di intercettazione di massa denominata Deep packet inspection (…) L’autorità amministrativa, ovvero l’Agcom, avrà il potere di ordinare ai provider di “seguire “ i cittadini italiani senza l’ordine di un magistrato».

«Benvenuti nell’Italia della sorveglianza di massa», chiosa Sarzana.

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