Dal 2016 mannaia sulle pensioni: meno lavori meno percepisci

L’anno prossimo scatteranno i nuovi coefficienti che trasformano in rendita il capitale accumulato col versamento dei contributi durante la nostra vita lavorativa. Rispetto ai valori vigenti fino a fine anno, i nuovi coefficienti fanno registrare una riduzione che a seconda dell’età di accesso alla pensione varia da un minimo dell’1.35 a un massimo del 2.50%, ovvero un calo di oltre il 12% da quelli originari della riforma Dini del ’95. Questo il calo che produce un taglio alle pensioni e se vogliamo che la nostra sia adeguata, dobbiamo lavorare di più.

Al calcolo della pensione con criterio contributivo sono soggetti tutti i lavoratori, a partire dal 2012, compresi coloro che potevano avvalersi di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, che comunque potranno continuare a beneficiare del calcolo retributivo per la quota di anzianità maturata sino al 31 dicembre 2011. La revisione dei coefficienti, legati all’età alla quale si va in pensione e quindi più bassi se si smette di lavorare prima e più alti se dopo, è stata prevista su una ipotesi di allungamento della vita media e scatta in automatico ogni tre anni e ogni due a partire dal 2019.

Per poter ottenere la stessa pensione garantita dai coefficienti della riforma Dini, ora bisogna lavorare quattro anni in più, ovvero fino a 69 anni, mentre per intascare lo stesso assegno previsto dalla riforma bisogna lavorarne 5. Si stima che la differenza fra i coefficienti di oggi e quelli che entreranno in vigore l’anno prossimo non sarà però così marcata, anche se in ogni caso e a parità di età, l’assegno Inps sarà alleggerito per circa il 2%.

foto flickr.com

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