Come procede la distensione dei rapporti diplomatici tra Iran e Arabia Saudita

Iran e Arabia Saudita hanno deciso di riprendere i rapporti diplomatici dopo sette anni di interruzione, a seguito della mediazione di Pechino. Un passo importante che segna un cambiamento sostanziale all’interno della regione, ovviamente se il percorso dovesse procedere in maniera soddisfacente.

Arabia saudita, Cina e Iran
Colloqui tra Arabia Saudita, Iran e Cina – Nanolress.it

Il ministero degli Esteri iraniano ha confermato, ad aprile, che l’ambasciata di Teheran a Riyadh è stata riaperta per la prima volta dal 2016, segnando un importante passo avanti nel tentativo di placare la lunga rivalità tra le due potenze mediorientali. Questo riavvicinamento sembra essere genuino, come dimostrano vari segnali, tra cui la ripresa dei voli civili tra i due paesi, la vittoria di un iraniano in un concorso di lettura del Corano saudita da 800.000 dollari, l’ingresso dell’acciaio iraniano nei mercati sauditi e l’abbraccio tra funzionari dei due paesi dopo che la marina saudita ha salvato 60 iraniani intrappolati in Sudan. Inoltre, il presidente iraniano Raisi dovrebbe presto annunciare una visita a Riyadh, la prima di un presidente iraniano dal 2007.

Come procede la ripresa della diplomazia tra Iran e Arabia Saudita

Il 10 marzo, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman e il leader supremo dell’Iran l’Ayatollah Ali Khamenei, hanno formalmente annunciato un piano di due mesi per normalizzare le relazioni diplomatiche ed economiche, ponendo fine a otto anni di tensioni.

Nonostante le differenze culturali e le divergenze all’interno dell’Islam, le due parti si sono trovate coinvolte nei conflitti per il controllo della regione dal 1979, anno della rivoluzione iraniana. Nel 2016, le relazioni diplomatiche si erano interrotte a seguito dell’assalto all’ambasciata saudita a Teheran, da parte di manifestanti indignati per l’esecuzione di un religioso sciita saudita dissidente.

Inaspettatamente e con la mediazione della Cina la coppia di leader formata dal principe ereditario e dal presidente iraniano ha deciso di cercare una riconciliazione.

L’interrogativo ora è se questi cambiamenti potrebbero influenzare anche il resto del Medio Oriente, cercando di risolvere i conflitti in Yemen, Libano, Iraq, Siria e persino Israele, i quali sono stati aggravati o addirittura sostenuti dalla rivalità tra l’Arabia Saudita e l’Iran.

L’argomento Israele difatti è uno di quelli più scottanti dato che le autorità saudite potrebbero scegliere di perseguire la linea del Medio Oriente e allearsi con i paesi arabi più profondamente minando la cooperazione con gli Usa e cambiando linea d’azione verso le autorità israeliane.

Un diplomatico di Londra ha esortato alla cautela e ha affermato, come riporta il Guardian, che l’accordo tra Arabia Saudita e Iran non è una storia d’amore ma si tratta piuttosto di un time-out reciprocamente conveniente.

La ricercatrice Cinzia Bianco, dell’European Council on Foreign Relations, ha definito l’accordo genuino ma molto fragile, con potenziali punti critici come l’elezione di un nuovo presidente repubblicano negli Stati Uniti o un attacco israeliano in Iran.

Entrambe le parti stanno ancora esaminando diverse opzioni. Un funzionario arabo ha paragonato il processo alla costruzione di un piano terra su cui altri paesi potrebbero costruire, suggerendo che le conseguenze per la regione potrebbero essere importanti, come il declino dell’influenza degli Stati Uniti in Medio Oriente, un indebolimento di Israele, il ritorno del presidente siriano al-Assad all’interno dell’ovile arabo, un nuovo mercato del carbonio a lungo termine in Cina per l’Arabia Saudita e la fine dell’isolamento economico dell’Iran.

Ayham Kamel, capo della ricerca sul Medio Oriente per l’Eurasia Group, ha dichiarato che il processo di normalizzazione delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita sarà lento, anche con la Cina a fare da garante.

Kamel ha affermato: “Non si passa dalla competizione alla cooperazione significativa da un giorno all’altro. Sospetto che le relazioni Iran-Golfo passeranno da un’era di confronto a un’era più naturale in cui ci sono disaccordi, c’è competizione e c’è cooperazione”.

Il riallineamento delle relazioni diplomatiche in corso in Medio Oriente include anche la distensione tra Arabia Saudita e Iran.

Secondo diversi esperti, l’Arabia Saudita e i paesi del Golfo cercano partnership globali con gli Stati Uniti come pilastro chiave, ma non solo. Nonostante abbiano sempre preferito un rapporto più stretto con Washington, ora non sono disposti a tagliare i rapporti con altre potenze come per esempio la Cina.

Da almeno un decennio l’Arabia Saudita non mostra completa sicurezza nelle sue relazioni con gli Stati Uniti. Una volta cessata la dipendenza degli Usa dal petrolio saudita, il loro ruolo come garante della sicurezza è stato messo in discussione e le loro strade si sono divise.

Le autorità saudite hanno visto il sostegno di Barack Obama alla primavera araba come fuorviante e ha cercato di bloccare i suoi sforzi per negoziare un accordo nucleare con l’Iran nel 2015.

Durante la presidenza di Trump, Riyadh ha ottenuto la politica statunitense che aveva sostenuto e richiesto, compresa la massima pressione sull’Iran, per scoprire successivamente che la politica non era di suo gradimento.

Il fatto che i missili di fabbricazione iraniana abbiano temporaneamente interrotto metà della produzione di petrolio dell’Arabia Saudita nel settembre 2019 è stata una dimostrazione chiara dell’esposizione saudita.

Trump non è intervenuto in difesa di Riyadh e ciò ha causato ancora più tensione. Allo stesso modo, gli Emirati Arabi Uniti si sono sentiti profondamente offesi dall’indifferenza percepita dall’Occidente, quando quattro navi sono state attaccate nel Golfo di Oman nel maggio 2019.

Secondo Farea Al-Muslimi, borsista del Medio Oriente presso Chatham House, i vertici sauditi hanno abbandonato l’immagine che li descrivevano cone il bancomat mondiale e non è più vista come un paese da sfruttare a livello globale. La rivalità emersa non ha creato i conflitti nella regione, ma ha aggravato quelli già presenti.

 Il riavvicinamento tra i due paesi non risolverà tutti i conflitti esistenti e a sostegno di questa tesi, Cinzia Bianco ha spiegato che tutti questi conflitti hanno radici interne, ma sono alimentati anche dal contesto regionale, il che li rende più complessi e sanguinosi.

C’è però una potenziale opportunità di progresso nello Yemen, il paese più povero del mondo arabo, dove l’Iran ha armato i ribelli Houthi che combattono una coalizione guidata dai sauditi. Attualmente sembra che l’Iran stia sostenendo gli sforzi di pace in Yemen.

Stando a quanto dichiarato da Farea Al-Muslimi, gli Houthi potrebbero essere esausti dopo nove anni di guerra civile nello Yemen. D’altro canto, i sauditi sono consapevoli che il costo dell’assicurazione per proteggersi dal più piccolo razzo Houthi nello Yemen può superare i 500 milioni di dollari.

Dina Esfandiary, analista del Medio Oriente presso l’International Crisis Group, la rivalità tra il movimento Houthi, il governo riconosciuto a livello internazionale e le forze separatiste del sud ha origine nello stesso Yemen.

Esfandiary ha inoltre affermato che il controllo dell’Iran sui ribelli Houthi non è completo e che la promessa dell’Iran di fare il possibile non è sufficiente per risolvere completamente la situazione.

Cosa sta succedendo nella diplomazia mediorientale

L’Arabia Saudita sembra essere pronta a normalizzare anche le relazioni con il presidente siriano al-Assad in cambio dell’aiuto iraniano nello Yemen.

Raisi e Assad
Raisi e Assad – Nanopress.it

Dopo aver trascorso dodici anni da esclusa, la Siria è stata riammessa nella Lega Araba domenica scorsa. Riyadh sostiene che la normalizzazione delle relazioni potrebbe portare a un rafforzamento delle istituzioni siriane e offrire un modo più realistico per riconquistare l’influenza e controllare le reti di droga transfrontaliere. Ci sono ancora ostacoli da superare.

 Il Qatar, importante alleato degli Stati Uniti nel Golfo, vuole che Assad faccia concessioni politiche, ma finora non ha dimostrato alcuna inclinazione a farlo. Non è chiaro come la normalizzazione delle relazioni potrebbe influire sulle grandi popolazioni che vivono nelle aree al di fuori del controllo del governo siriano.

Assad vuole che la Turchia lasci il nord della Siria e smetta di sostenere i militanti nella provincia di Idlib, ma Ankara non è disposta ad andarsene senza assicurazioni sui curdi siriani ai suoi confini.

Gli Stati Uniti sono impegnati a garantire che i curdi siriani abbiano una quota delle risorse petrolifere e gasifere in Siria, seguendo il modello federale già in atto in Iraq.

Il Libano è un altro paese che potrebbe trarre beneficio dalla fine della rivalità tra Arabia Saudita e Iran. Il paese è senza un presidente dal termine del mandato di Michel Aoun nell’ottobre scorso. La legge richiede che il ruolo sia occupato da un cristiano maronita, ma le fazioni sostenute dall’Arabia Saudita e dall’Iran non sono state in grado di concordare su un sostituto, nonostante i successivi turni di votazione.

Iran e Arabia Saudita
Iran e Arabia Saudita – Nanooress.it

Il potente gruppo Hezbollah sostenuto dall’Iran e il partito Movimento Amal guidato dal presidente del parlamento libanese Nabih Berri, che insieme formano la base sciita libanese, sostengono Suleiman Franjieh, amico di lunga data di Assad. Le autorità saudite però non hanno intenzione di sostenerlo.

Tutto quello che sta accadendo tra i paesi arabi, potrebbe essere un potenziale disastro per il primo ministro israeliano  Netanyahu, che aveva sperato che gli accordi di Abraham, promossi dall’amministrazione Trump, avrebbero normalizzato le relazioni con l’Arabia Saudita. Riyadh invece sta normalizzando le relazioni con i nemici di Israele ovvero Iran, Siria e persino Hamas.

Funzionari di alto livello di Hamas hanno recentemente visitato l’Arabia Saudita per la prima volta dal 2015.

Oltretutto la recente decisione di Riyadh di diventare un “partner di dialogo” dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, in cui l’Iran ha lo status di osservatore, non può che aumentare l’ansia di Israele.

In una recente intervista con CNBC, Netanyahu ha affermato che coloro che collaborano con l’Iran stanno collaborando alla miseria nel Medio Oriente, citando il Libano, lo Yemen, la Siria e l’Iraq come esempi.

 Secondo il primo ministro israeliano, il 95% dei problemi nella regione è causato dall’Iran.

Due anni fa l’Arabia Saudita avrebbe potuto essere d’accordo con questa valutazione ma oggi sembra aver deciso che la via da seguire è la cooperazione regionale piuttosto che il confronto di Israele.

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