Combattere la corruzione: la ricetta del whistleblowing

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Il nostro paese si trova spesso a discutere di come combattere la corruzione e quali strumenti usare per sconfiggere una piaga che attraversa diversi settori dell’economia pubblica e privata e che colpisce tutti noi. La ricetta potrebbe essere quella del whistleblowing, termine inglese che possiamo tradurre con l’espressione “soffiare il fischietto”, cioè segnalare illeciti interni all’azienda per cui si lavora. La discussione in Italia è partita ma non si è ancora conclusa, eppure sarebbe un modo più che valido per contrapporsi al dilagare della corruzione nel nostro Paese.

I vari strumenti legislativi messi in campo contro la corruzione hanno avuto esiti più o meno positivi, ma non sono ancora riusciti a scardinare un fenomeno che si fa sentire e molto nelle tasche di tutti noi. La corruzione in istituzioni pubbliche mina la base della società intera mentre nelle aziende private mette a repentaglio la tenuta economica globale: cosa fare allora. Io una ricetta ce l’avrei ed è il whistleblowing.

I principi
Il principio base di questa legge è che la corruzione può essere denunciata solo all’interno delle istituzioni, siano essere pubbliche o private. Sono i dipendenti, spesso i dirigenti o persone a livello apicale, a venire a conoscenza di situazioni di corruzione all’interno delle istituzioni stesse e sono sempre loro quelli in grado di denunciarle.

Il precedente

I primi a capirlo sono stati gli USA. Per questo gli Stati Uniti hanno istituito la legge sul whistlebower che in sostanza prevede due cose: grosse sanzioni a carico delle aziende che hanno avuto dei comportamenti di corruzione e dei premi in favore degli impiegati o dirigenti che denunciano.

La soluzione

La domanda vera è: c’è l’intenzione di far funzionare una legge anti corruzione in Italia? Se sì, c’è solo un modo: prevedere comunque dei premi, grossi, a favore di coloro che denunciano questi fatti.

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