Chi è Pierre Rabhi, il guru dell’agroecologia

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È possibile praticare un’attività agricola rispettando l’armonia della natura e delle sue leggi? C’è chi ha dedicato una vita intera a costruire un corretto rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante, dimostrando che un altro modo di concepire la vita contadina è possibile: lui è Pierre Rabhi, il guru della cosiddetta agroecologia, a cui anche l’Italia dedica un documentario firmato da Carola Benedetto e Igor Piumetti che celebra questo contadino filosofo che per tutta la vita ha cercato con costanza e caparbietà di illuminare i suoi simili sui modelli di sviluppo da attuare alternativi a quello corrente, in modo da poter garantire un futuro sostenibile alle nuove generazioni.

Il documentario è stato realizzato fra febbraio e marzo 2012, ed oltre a una lunga intervista a Pierre Rabhi contiene al suo interno i contributi di altri agricoltori ecologisti che seguono l’esempio di Rabhi, tra cui Vandana Shiva, un’attivista ambientalista di origine indiana, convinta sostenitrice come lo stesso Rabhi della necessità di riscoprire il principio femminile per ribaltare il distorto concetto di sviluppo verso il quale si è diretta l’umanità fino ad oggi. Cerchiamo di vedere più da vicino chi è Pierre Rabhi, l’uomo che i media hanno soprannominato il Gandhi della terra.

Chi è Pierre Rabhi

Nato nel 1938 nella zona meridionale dell’Algeria, Rahbi è figlio di un fabbro che fu costretto a diventare minatore nonostante nel suo animo albergasse un poeta e un musicista, secondo quanto riportano le note biografiche: scomparsa la madre, il piccolo Pierre viene affidato a una coppia francese dalla quale riceve un’educazione occidentale, mantenendo tuttavia la propria cultura d’origine. Compiuti 20 anni, Rahbi giunge a Parigi dove inizia a lavorare come operaio specializzato: proprio la fabbrica diventerà il luogo privilegiato d’osservazione dell’umanità che gli sta intorno, e quando tre anni più tardi si trasferisce nel sud-est della Francia, in Ardèche, decide di diventare operaio agricolo cominciando ben presto ad opporsi alla logica produttiva disumana e meccanizzata applicata al lavoro dei campi. Questa aperta insoddisfazione si tradurrà negli anni Settanta in una rivoluzione che parte dal suo lavoro fino ad arrivare ad ispirare migliaia di agricoltori in tutto il pianeta, alla ricerca di un futuro sostenibile come raccontato nel film Domani.

Agricoltura ecologica e sostenibile

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A partire dagli anni Settanta infatti, Pierre Rahbi comincia ad attuare i precetti dell’agricoltura biologica e la biodinamica, quando la parola sostenibilità era ben lontana dal diventare uno dei concetti chiave legati allo sviluppo: il suo modo di concepire, sia da un punto di vista teorico che pragmatico, il lavoro contadino, diventa un esempio anche per altri, soprattutto nel momento in cui Rahbi dà luce al Movimento Colibris, una sorta di piattaforma di incontro e scambio con altri lavoratori agricoli che cercano soluzioni concrete e alternative al modello imperante, sfruttando le pratiche dell’agroecologia e dell’agricoltura di prossimità. Dalla lettura dei libri di Ehrenfried Pfeiffer e di Rudolf Steiner Rahbi ha tratto i metodi che ha successivamente applicato alla sua piccola fattoria, diventata una ‘oasi di vita‘, come lui stesso ama definirla, ed oggi questo quasi ottantenne contadino viene considerato uno dei massimi esperti internazionali contro la desertificazione, un uomo semplice che non si è mai diplomato, ma la cui lucida preveggenza e l’ostinata curiosità riguardo la vita contadina hanno reso degno di entrare tra i massimi filosofi del nostro tempo. Un vero e proprio guru, in mezzo a tanti fantocci e finti maestri da cui al contrario sarebbe bene tenersi alla larga, un maestro di vita che ha capito prima di tutti gli altri l’abisso di follia verso cui si sta dirigendo un’umanità che non cerca in alcun modo l’armonia con il mondo in cui vive.

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