Buoni pasto, tassazione ridotta: i vantaggi per i lavoratori

Prevista per i buoni pasto una tassazione ridotta, che dovrebbe tradursi in un vantaggio per i lavoratori. Il governo, infatti, ha deciso di operare una riforma in questo senso, i cui effetti dovrebbero essere visibili a partire da luglio del prossimo anno: per i buoni pasto elettronici dovrebbe entrare in vigore un’esenzione fiscale e contributiva che da 5,29 euro passerà a 7 euro. L’esenzione fiscale dovrebbe comportare una spesa di circa 470 milioni l’anno, comunque potrebbe essere una strategia importante per rilanciare i consumi.

Così almeno affermano gli esperti, che vedono come una strategia positiva quanto stabilito dal governo. Il settore potrebbe essere dominato da una nuova linfa vitale, dagli effetti economici non indifferenti.

Gli effetti

Secondo uno studio che è stato fatto appositamente sull’argomento, è risultato che un aumento del valore a 7 euro porterebbe l’intero settore a rappresentare lo 0,90% del pil. Se è vero, infatti, che l’erario da un lato spenderebbe di più, dall’altro, proprio con l’aumento dei consumi, potrebbe avere la possibilità di incassare una cifra maggiore. Il corrispettivo sarebbe in totale di circa un centinaio di milioni, un flusso di denaro in più, che di certo non è da sottovalutare.

Il rafforzamento dei consumi legato ai buoni pasto potrebbe essere agevolato dal fatto che questi spesso vengono utilizzati dai lavoratori per pagare soltanto una parte del pasto. Una parte consistente viene spesa anche per fare acquisti nei supermercati e nelle grosse catene di distribuzione. In pratica i lavoratori utilizzano i buoni pasto anche come ticket per comprare. Le grandi catene possono continuare a sperare in questa forma di incasso, anche se per i piccoli negozi il problema rimane.

La difficoltà principale è rappresentata dal fatto che spesso possono passare parecchi mesi tra il pagamento alla cassa e l’incasso del valore del buono. Eppure, proprio perché ci troviamo in un periodo di calo dei consumi, nemmeno i bar e i piccoli commercianti possono perdersi la possibilità di rinunciare ad una fetta di mercato del valore di circa un miliardo l’anno. Un vantaggio che non si può mettere da parte.

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