Brasile: sì a impeachment per Dilma Rousseff, lei grida al golpe e annuncia il ricorso

ROUSSEFF

Il Senato del Brasile ha approvato l’impeachment per la presidente Dilma Rousseff. Hanno votato a favore della destituzione 61 senatori, sette voti più dei necessari 54 sul totale di 81 senatori, mentre i contrari sono stati 20. L’ex presidente eletta è accusata di aver violato le leggi sul bilancio. Secondo l’accusa, la Rousseff avrebbe usato denaro delle banche di proprietà statale per gonfiare la spesa pubblica. In seguito il suo ex vice, il leader del PMDB Michel Temer, che guida ad interim il Paese dalla rimozione temporanea di Rousseff risalente allo scorso maggio, ha giurato come nuovo presidente del Brasile. Il mandato di Temer, avvocato di 75 anni, si concluderà alla fine del 2018 quando cederà il potere a chi vincerà le elezioni dell’ottobre di quell’anno.

Salva dall’interdizione Dilma Rousseff, prima donna alla presidenza del Brasile, è stata destituita definitivamente dal Senato. Rousseff, sospesa provvisoriamente tre mesi e mezzo fa e sostituita ad interim da Temer, era accusata di violazione di regole fiscali nei bilanci pubblici. La decisione mette fine a 13 anni ininterrotti di governo del Partito dei lavoratori (PT). Su richiesta all’ultimo minuto del PT, accettata dal presidente del Supremo tribunale federale Ricardo Lewandowski nelle vesti di garante costituzionale, il Senato ha votato separatamente per decidere se Rousseff dovesse anche essere interdetta dagli uffici pubblici. Secondo la Costituzione brasiliana, un presidente rimosso dovrebbe perdere i diritti politici per otto anni e non poter ricoprire alcun incarico governativo, né ruoli di insegnamento in università pubbliche. Il PT ha chiesto e ottenuto che si tenessero due voti distinti, ottenendo l’assenso del presidente del Supremo tribunale federale, Ricardo Lewandowski. Roussef non sarà interdetta perché solo 42 senatori (12 meno del necessario) hanno votato a favore del bando.

Annunciato il ricorso Subito dopo la votazione, la difesa di Rousseff ha annunciato che ricorrerà contro la destituzione davanti al Supremo tribunale federale, sebbene le chance che la situazione si ribalti non siano molte. Dilma Rousseff ha in seguito affermato: “hanno condannato una innocente e consumato un golpe parlamentare. Il golpe è contro tutti quelli che lottano per i diritti in tutte le loro accezioni“, ha detto secondo quanto ha riferito Estadao. Ha parlato di “una frode contro cui ricorreremo in tutte le istanze possibili“. E ancora: “Non rinunceremo alla lotta, ascoltate bene, loro pensano che ci sconfiggeranno ma si sbagliano: so che tutti noi lotteremo, ci sarà contro di loro la più decisa, instancabile ed energica opposizione che un governo golpista possa subire“, ha aggiunto Rousseff. “Non vi dico addio, ho la certezza di poter dire a tra poco“, ha detto ancora.

Le reazioni alla destituzione Differenti sono state le reazioni alla notizia: il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha condannato il “golpe parlamentare” in Brasile contro Dilma Rousseff, destituita dalla presidenza, e convocato il suo ambasciatore a Brasilia, José Antonio Kinn.

Il Venezuela ha annunciato che richiamerà il suo ambasciatore dal Brasile e congelerà le sue relazioni con il Paese. Caracas ha condannato la decisione del Senato di Brasilia come un “colpo di stato“.

Gli Stati Uniti invece ritengono che la destituzione dalla presidenza di Dilma Rousseff sia avvenuta in una cornice costituzionale, e annunciando il rispettando della decisione presa in merito dal Senato hanno dichiarato tramite il portavoce del dipartimento di Stato americano, John Kirby, che lavoreranno con il successore, Michel Temer, che intanto ha già respinto la ‘falsa accusa‘ di essere un golpista, e si è rivolto ai suoi ministri, nella prima riunione dopo il giuramento, con queste parole: “A quelli che vi chiamano golpisti, rispondete che golpisti sono loro, che sono contro la Costituzione“, perché il processo di destituzione di Dilma Rousseff dalla presidenza si è svolto “all’interno del più stretto margine costituzionale“.

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