Tasmania, centinaia di balene spiaggiate: corsa contro il tempo per salvarle

Questa notte in Tasmania un gruppo di 270 balene si è sparpagliato sulla costa occidentale, su due banchi di sabbia e una spiaggia. La zona è quella dell’insenatura di Macquarie Harbour dove sono frequenti gli spiaggiamenti di cetacei, ma considerato il numero elevato si ritiene che questo evento sia il peggiore degli ultimi dieci anni.  I soccorritori stanno lottando contro il tempo per salvare le 180 ancora in vita. “Non sappiamo quanto tempo ci vorrà. La fase di oggi sarà fondamentale per determinare cosa è possibile fare e poi dovremo affrontare altri fattori come il tempo e le maree”, dice il biologo marino di Parks and Wildlife Services, Kris Carlyon, spiegando che potrebbero essere necessari alcuni giorni per il salvataggio.

Le condizioni climatiche fanno ben sperare per la sopravvivenza

L’insenatura dove sono spiaggiate le balene presenta condizioni climatiche fresche e umide, e c’è una “buona possibilità di sopravvivenza” dei cetacei, spiega il biologo rassicurando sul caso. “Queste sono balene pilota a pinne lunghe, sono una specie piuttosto robusta – spiega Carlyondato che sono bagnate, sono fresche, abbiamo un tempo davvero adatto, in realtà è piuttosto brutto là fuori per le persone a terra, ma per quanto riguarda le balene, è l’ideale“, ha detto. “Se le condizioni rimangono le stesse, possono sopravvivere per un bel po’ di giorni“, anche se finora, un terzo dei mammiferi è già morto.

Perché le balene si spiaggiano? Un fenomeno tutto ‘Oceanico’

Le cause degli spiaggiamenti possono essere diverse: ambientali ma anche dei singoli individui. Quelle ambientali possono essere la presenza o meno dell’inquinamento nell’acqua del mare o ‘umane’, come l’uso dei sonar marini. Tra le ipotesi poi, è noto che le anomalie geomagnetiche disorientino questi animali.

Anche se gli spiaggiamenti avvengono in tutto il mondo, risultano più concentrati in alcune aree del pianeta e tra queste ci sono appunto, Nuova Zelanda, Australia e Tasmania, che registrano una frequenza del fenomeno molto più alta rispetto alla media globale. Come spiega un approfondimento del Corriere della Sera, “queste località hanno alcune caratteristiche in comune: la posizione geografica, la presenza di litorali bassi e sabbiosi, dove sono presenti sedimenti molto sottili”. Dal 2016 la Nasa sta indagando per fare luce sul tema.

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