Università a numero chiuso? Il diritto allo studio è di tutti

Riceviamo e pubblichiamo il contributo dell’avvocato Michele Bonetti sulla spinosa questione del numero chiuso nelle facoltà universitarie. Argomento quanto mai attuale perché proprio in questi giorni da Nord a Sud i giudici stanno accogliendo migliaia di ricorsi di giovani esclusi dai corsi a causa dei test d’ingresso. Michele Bonetti è il legale dell’UdU, Unione degli Universitari.

(AP/LaPresse)

“Una luce accecante, una terribile tempesta avvolta dalla notte eterna”. Così Èvariste Galois descrive la sua breve, luminosa e turbolente vita, in un appunto vergato nella notte prima di morire in duello. Per alcuni un delitto politico, per altri un delitto d’amore. Una sola delle due pistole era carica, Galois viene ucciso a meno di 21 anni. Nasce in un villaggio alla periferia di Parigi, gracile e dallo sguardo timido. I professori del suo liceo discutono se promuoverlo o bocciarlo, mentre lui sta lavorando al problema che in tre secoli nessun matematico ha mai risolto, le equazioni di quinto grado. Studente pessimo, indisciplinato, disordinato, un ribelle: un vero genio. Provò ad iscriversi ad una grande Ècole francese, che prevedeva un concorso “aperto a tutti”, ma non ce la fece.

La funzione di quel sistema educativo era assicurare la stabilità dell’ordine sociale, e le sue ineguaglianze. Per accedere alle grandi scuole francesi occorreva superare dei concorsi per la prima volta aperti, in cui non veniva tenuta in considerazione la famiglia di provenienza; tuttavia, l’analisi dell’origine sociale degli studenti, anche oggi ammessi in queste scuole, mostra che i ragazzi provenienti dai “ceti superiori” della società sono nettamente sovrarappresentati, potendo ripresentarsi più volte al concorso, fruire di corsi paralleli privati di preparazione e tanto altro. Ad Èvariste fu chiesto di esporre la teoria dei logaritmi, ma non seguì nella risposta la via tradizionale e mediocri docenti lo interrupero con una serie di rilievi che lo storico della matematica Eric Bell definisce errati e fuori luogo. Èvariste, esasperato dalla consapevolezza di aver ragione, afferrò il cancellino dalla lavagna e lo lanciò in testa ad un professore urlandogli: “questa è la mia risposta alla vostra domanda”.
Ragazze e ragazzi, definiti dai giornali l’esercito dei bocciati della battaglia da me capitanata, non sentitevi frustrati se non avete passato il test o se oggi siete rifiutati dalle università che interrompono le lezioni. Molti Atenei non hanno imparato dopo secoli la lezione. Chi pensa in grande, e Galois ne era un esempio, difficilmente si lascia ingabbiare negli angusti confini delle caselline dei quiz. Oggi si entra all’università con un test, che ha la presunzione di poter giudicare gli uomini con il rigore e l’oggettività della matematica, ma da cui non potrà mai emergere la cultura, i sentimenti e la passione. Diversamente dalle lettere dei ricorrenti che mi scrivono, specchio dell’anima di questi ragazzi.

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Oggi i test nascondono l’incapacità del nuovo corpo docente ad emettere giudizi consapevoli ed equilibrati e, quando adoperati dopo l’ingresso e all’interno della vita universitaria, sono un buon modo per selezionare in poco tempo e con poca fatica. Conobbi l’università da studente lavoratore, dove ancora non era di moda tale metodo selettivo, dove esistevano sempre i c.d. Baroni, ma che selezionavano anche sino alle tarde ore serali i ragazzi, interrogandoli uno ad uno; oggi si è superato ogni confine e anni e anni di test ci hanno reso asserviti al sistema perfino quando questo ci massacra. E ci massacra tutti, sia vincitori che perdenti del test, facendoci perdere di vista il vero problema: il diritto allo studio è di tutti e vanno richiesti maggiori fondi per l’istruzione e per l’università. Solo grazie alle aperture della Magistratura, che hanno consentito gli accessi sovrannumerari, vi potrà essere una riforma del mercato del lavoro, delle professioni e delle specializzazioni, unitamente alla riforma dell’accesso all’università, che deve ritornare ad essere il volano del mercato del lavoro. Parametrare le strutture universitarie sul mercato del lavoro, vuol dire condannarsi gradualmente ad una sempre maggiore crisi economica. Bisogna uscire dagli schemi, e investire sulle idee e sugli atenei affinché si progettino nuove frontiere per ampliare gli sbocchi lavorativi, come accadeva quando le imprese di Stato finanziavano le Università affinché generassero iniziative e posti di lavoro.
Molti ritengono che il sottoscritto abbia esagerato a portare in Tribunale 5.000 persone, ma solo con un numero così cospicuo di persone si può sperare di cambiare il sistema. I nostri ricorsi sono stati accessibili a tutte le famiglie ed i ragazzi, che con pochi euro sono riusciti ad accedere al sistema giustizia, ideando un percorso di assistenza giudiziale che supera il sistema statale del gratuito patrocinio, limitato da lungaggini burocratiche e da un reddito familiare di 8.000 euro circa che tutti, o quasi, superano rimanendo per una serie di motivi a soglie prossime all’indigenza. Con soli 15 euro e mediante la proposizione di oltre 500 ricorsi straordinari completamente gratuiti con la mera presentazione di un reddito ISEE inferiore ai 15.000 euro, per la prima volta tanti studenti esclusi sono riusciti ad accedere al sistema Giustizia. Ora la completa equità sarà ristabilita con un nuovo sistema legislativo che consentirà un accesso libero a tutti.
Non diteci che non ci sono posti all’interno delle università, alla Federico II abbiamo immatricolato 900 persone senza colpo ferire e il primo ateneo napoletano ha organizzato immediatamente le immatricolazioni e le lezioni. Alla Sun invece per meno di 200 ricorrenti hanno interrotto un pubblico servizio e i ragazzi hanno immortalato i docenti che si allontanavano dalle aule con i posti vuoti. Vedo un’ingiustizia nella strumentalizzazione dei ragazzi, nell’alterazione dei numeri da parte dei media e nel non dire apertamente che oggi si contrappongono due visioni del mondo diverse, una dove primeggia una visione elitaria della cultura e un’altra che porta la bandiera della massima diffusione dell’istruzione sino ai gradi più alti della stessa. Solo su questo piano andrebbe ricondotta l’odierna contrapposizione.
La conferenza dei Rettori riporta che sino a 10 anni fa le immatricolazioni a medicina oscillavano tra le 100.000 e le 130.000. Oggi siamo a meno di 10.000 e i ricorrenti di oggi sono ragazzi che non accettano di uscire dal circuito universitario. Difatti sono tutti articolisti, molti già frequentano a pagamento sino a 11 esami presso gli stessi atenei che li hanno esclusi. L’art. 6, e i così detti corsi liberi a pagamento di medicina dimostrano che il numero dei posti banditi è falsato e che se gli ingressi venissero raddoppiati per un paio d’anni la bolla di richiesta si sgonfierebbe. Forse vale la pena di cambiare considerando che l’attuale sistema della programmazione ha comunque generato povertà, crisi, disoccupazione, impossibilità per molti di voi di accedere comunque alle specializzazioni e soprattutto tanta incertezza e precarietà. Bisogna avere il coraggio di ripensare le specializzazioni, valutando, nell’immediato, una parte dei posti con il meccanismo anche economico del sovrannumero.
Oggi assistiamo a petizioni, da un lato e dall’altro, che dividono i nostri ragazzi sulla scia del Divide et impera, ovvero il migliore espediente della tirannide per controllare, provocando rivalità che fomentano discordie e distogliendo dal reale problema dei tagli all’istruzione.
La mancanza di valori della moderna società è sempre più evidente, la mancanza di onestà, di senso civico, di cura per il sociale che vediamo anche nelle Istituzioni, ha contagiato molti di noi, alimentando la assenza di solidarietà, di lealtà nei rapporti umani e svilendo la pietas dei nostri padri. L’assenza di tutto ciò genera sempre di più l’assenza della percezione del disvalore, di ciò che è giusto e sbagliato, a prescindere da quel che conviene. Gli stessi che ostacolano oggi il ricorso giurisdizionale per l’accesso all’Università, se ne fanno poi promotori per tutelare interessi personali, come nel caso dei concorsi successivi della Medicina Generale.

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Anche dopo i pronunciamenti del Consiglio di Stato di queste ore, che confermano le ragioni dei non ammessi, molti Atenei e ragazzi paventano ad ogni occasione lo spettro dell’appello avverso le loro ammissioni. Così prosegue il triste e grottesco film dell’ammissione universitaria che si arricchisce di nuove scene di orrore, come se non bastasse ai ragazzi la spada di damocle di dover studiare con riserva e di rimanere sospesi dal giudizio del Tar. Il tutto si svolge nel peggiore dei modi, petizioni on line sulla necessità di cacciare i ragazzi dai corsi con gli appelli al Consiglio di Stato e che proseguono senza sosta nonostante molti siano già immatricolati da mesi. Anche il boia quando decapitava un condannato lo faceva con un colpo solo e secco, oggi invece si prosegue con lenti balletti.
I miei ragazzi hanno manifestato amore per la conoscenza dilatata al di là dei confini del tempo e del Paese: un’autentica sete di sapere che non può essere arrestata, gli argini della diga sono ormai crollati, bisogna prenderne atto e da domani ricostruire tutta l’isola, rendendola il più felice possibile. È un’isola che dobbiamo ricostruire tutti insieme, ammessi e non, considerando gli errori del passato. Un nuovo sistema costruito dai maggiori fruitori del sistema universitario, gli studenti tutti.
Mi reputo un rivoluzionario per il modo di adoperare lo strumento processuale e di concepire i rapporti umani; per un cambiamento del nostro Paese la prima rivoluzione deve cominciare dentro di noi, con sentimenti d’amore per il prossimo, e spero di averlo dimostrato conducendo con l’UdU questa battaglia senza sosta per i diritti costituzionali, senza mai compromessi o arretramenti, portando oltre 5000 prossime matricole non solo ad un “ricorso”, ma ad un vero e proprio “percorso” dove ognuno di noi ha dato e insegnato tanto all’altro; una battaglia condotta con determinazione e in molti momenti anche con durezza, ma senza perdere mai tenerezza e umanità.
Non ho la necessità del consenso poiché amo il mio lavoro, i valori sobri della vita e ho sempre ritenuto di dover lottare per le cose fondamentali della vita stessa, e il diritto allo studio e la possibilità di arricchire la propria anima è una di esse.
Proprio per questo non mi piace questo tentativo di parte della classe politica di dividere i ragazzi tra coloro che hanno passato o meno un test di ingresso; è chiaro che dietro vi sono gli adulti, la parte meno virtuosa del corpo docente, e degli ordini professionali, ben rappresentati da una minoranza parlamentare.
Così come non mi piace che molti di noi non abbiano consapevolezza di aver avuto una grande occasione; potete realizzare i vostri sogni, e allora studiate, studiate in modo matto e disperatissimo, basta vittimismo per quello che succederà in questo momento di primo confronto in cui sarà di fatto messo a dura prova un nuovo modello di numero chiuso; confrontatevi di persona con il corpo docente e con i vostri colleghi, non più sui social network ma di persona, dove la vicinanza attenua le tristi distanze. Combattete tutti insieme per eliminare i confini, le barriere e l’intolleranza, per un nuovo mondo in cui la cultura e il progresso diano a tutti ben-essere. Alcuni dei vostri colleghi saranno amici, mogli e mariti e condividerete le sale operatorie, la gioia della vita e anche la morte, e soprattutto ciò che vi accomuna e che dovrà lentamente abbattere l’odio della chiusura, ovvero l’amore per la vostra professione.
Cari ragazzi, tutti, prendete d’esempio il vostro coetaneo Galois, e quel cancellino tiratelo idealmente e metaforicamente in testa a chi lo merita.

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