Stupri e violenze sessuali anche su bambini in un villaggio lappone, oltre 150 casi: choc in Norvegia

151 sexual abuse cases revealed related to Tysfjord in northern Norway

[didascalia fornitore=”ansa”]Il comune di Tysfjord, in Norvegia[/didascalia]

Oltre 150 casi di stupri e violenze sessuali, anche a danni di bambini molto piccoli, di cui alcuni risalenti agli anni ’50 e ripetuti nel tempo. Choc in Norvegia dove la Polizia ha scoperto 151 presunte aggressioni sessuali, anche a danni di minori, in una piccola comunità in Lapponia. Secondo quanto riporta il Guardian, le indagini sono partite da un’inchiesta giornalistica del quotidiano Verdens Gang che nel 2016 pubblicò le testimonianze di 11 uomini e donne che raccontarono di essere stati stuprati a Tysfjord, piccolo comune sopra il circolo polare artico, con meno di 2mila abitanti. Le autorità hanno identificato 82 vittime di età compresa tra i 4 e i 75 anni, e 92 sospettati tra cui tre donne: il 70% è di etnia Sami. Alcuni di loro rientrerebbero in entrambe le categorie come vittime e carnefici.

Il caso ha sconvolto l’intero paese e soprattutto, come fa notare il quotidiano britannico, ha minato la fiducia tra le autorità e i Sami, popolazione indigena nomade che vive nella regione artica tra Norvegia, Svezia e Finlandia, noti anche come lapponi, che in passato hanno subìto molte discriminazioni per la loro cultura nomade e fortemente legata alla natura e all’allevamento della renna. Nel 1997 re Harald chiese scusa ufficialmente ai Sami per le discriminazioni subite negli anni.

La maggior parte delle vittime e dei violenti sarebbe Sami; molti di loro sono seguaci del laestadianesimo, movimento conservatore di rinascita luterana. Secondo quanto dichiarato dalla Polizia, sono due le persone finora ufficialmente accusate per dieci casi, aggiungendo che potrebbero seguire altre accuse.

Le indagini hanno portato alla luce 151 casi di violenza sessuale, tra cui 43 stupri, compresi tre su bambini. Più di 100 sono caduti in prescrizione: alcuni casi risalgono al 1953.

“La polizia non ha motivo di credere che l’etnia o la religione siano un movente per le violenze”, ha dichiarato il capo della polizia Tone Vangen in conferenza stampa, sottolineando però come “alcuni meccanismi” della comunità “hanno reso difficile far emergere la verità. Alcuni sospetti, ha spiegato, hanno preferito rivolgersi alla religione piuttosto che alle autorità. “C’è un forte bisogno di serrare i ranghi della famiglia soprattutto se la società norvegese ti guarda dall’alto”, ha aggiunto Vangen, scusandosi per i ritardi con cui la polizia ha agito dopo le prime denunce.

Lars Magne Andreassen, direttore del centro culturale Sami a Tysfjord, ha dichiarato di essere diviso tra “dolore” e “orgoglio”. “È doloroso sapere che ci sono stati così tanti casi in così tanti anni”, ha spiegato Andreassen, aggiungendo di essere “orgoglioso della comunità che ha osato rompere il silenzio”.

“Nel caso di Tysfjord, il silenzio delle vittime è stato accolto da un simile silenzio da parte delle autorità” – ha concluso – “Non è solo il fatto che i Sami abbiano un problema culturale che dobbiamo affrontare, ma anche il fatto che nessuno li abbia ascoltati”.

Sgomento è stato espresso dal sindaco di Tysfjord, Tor Asgeir Johansen. “La portata dei fatti è enorme”, ha dichiarato all’agenzia norvegese NTB. “Questa è una piccola comunità ed è stata profondamente colpita”.

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