“Sono bella, e quindi?”

“Care Femministe, spogliarsi è libertà. Anche a Sinistra”, titolava così l’Huffington Post in merito alla notizia di Paola Bacchiddu in bikini per la campagna elettorale a favore della lista Tsipras. Piovono opinioni a riguardo: ha fatto bene o no? La Bacchiddu, nel suo post, sostiene che per aiutare la sua lista è disposta a fare qualsiasi cosa e, in quanto responsabile della comunicazione, ha scelto una sua strada. C’è un commento alla foto che colpisce “Non confondiamo il femminismo col suorismo”, un commento arguto che ci deve portare necessariamente a riflettere su come ci si rapporti da donne (e anche da femministe) con il nostro stesso corpo.

Emerge la necessità di operare un riscatto del corpo femminile, una riappropriazione della sua bellezza, di ricominciare a viverlo non più come un limite, un vincolo o una privazione. Spesso, e specialmente sul luogo di lavoro, tendiamo a nascondere, a mascherare il nostro corpo, la nostra bellezza per paura di essere identificate come donne che sfruttano il proprio potenziale fisico a fini carrieristici aumentando il carico sullo stereotipo che una donna debba necessariamente ricorrere ad un qualche tipo di convincimento e di ricompensa per esser stata meritevole di un guadagno (e allo stereotipo che gli uomini, per apprezzare una donna, debbano sentirsi primariamente appagati). Questo concetto è così pieno di errori e così surreale da sembrare banale dover argomentare contro di esso, eppure è così strettamente avvinghiato al nostro modo di pensare che non riusciamo a liberarcene, nemmeno quando, appunto, scegliamo un maglione a collo alto piuttosto che una generosa scollatura solo per evitare di essere giudicate.
Questo accade perché la società di oggi ci ha imposto un modello per cui, innanzitutto, si pensi che l’unica strada che ha una donna per poter fare carriera sia quella del fisico, del puntare alla propria avvenenza. Di fatto ciò esclude l’unica concreta verità, ovvero che le donne hanno anche capacità reali ed un cervello. Agendo in questo modo, continuiamo ad avvalorare lo stereotipo per cui una donna bella non può necessariamente essere anche intelligente.
Ecco perché non dobbiamo cadere nell’errore di non confondere il femminismo col “suorismo”, perché essere donna vuol dire anche avere un corpo che ha tutto il diritto di essere mostrato, gestito, amato come meglio crediamo. E, per noi che abbiamo scoperto di essere FEMEN, usato anche come manifesto politico. Non c’è scandalo nel nostro seno nudo, perché veicola un messaggio politico che una società maschilista, con evidenti problemi gestionali del seno femminile, volutamente (o non volutamente, e non si riesce a capire cosa sia peggio) sta ignorando.
Il riscatto e l’emancipazione passano necessariamente anche attraverso l’abolizione di questi piccoli gesti quotidiani, di questi errori, come l’accettazione passiva di essere da meno e di dover pagare lo scotto di esser donne e anche belle o come la scelta del come vestirsi per evitare di attirare l’attenzione o un giudizio. Passano anche attraverso una rivendicazione cosciente e una presa di posizione che non ”teme” neanche la violenza fisica e che sa dimostrare che nessuno ha il diritto di sminuire il valore solo per la sua apparenza fisica.

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