Semplificazione amministrativa fallita: ogni 10 leggi cancellate ne nascono 12

Burocrazia in Italia

Altro che semplificazione amministrativa, in Italia la burocrazia riesce a complicare tutto nonostante i proclami della politica. Stando ai dati del rapporto della Corte dei Conti fornito alla Commissione Parlamentare bicamerale sulla Semplificazione, presieduta da Bruno Tabacci, per dieci leggi che vengono abrogate ne nascono dodici nuove. I dati, elaborati da Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, sono impressionanti: solo per fare un esempio sono stati varati solo 462 decreti attuativi dei 1.277 necessari per avviare i provvedimenti dei governi Monti e Letta. Gli esempi finiti sul tavolo della commissione sono altrettanto spaventosi: una spirale di leggi statali e regionali che avvolgono ogni processo produttivo del Paese di fatto paralizzandolo.

Tra gli esempi ricordati da Rizzo che sono finiti davanti alla Commissione, c’è il caso dei trasporti speciali via terra. Ogni volta che si cambia regione, bisogna compilare un permesso apposito, ovviamente diverso da regione a regione. Mentre a livello europeo le frontiere cadono, in Italia ogni Regione è stata in grado di alzare nuove barriere a suon di scartoffie.

Non a caso il rapporto finale della commissione paragona il nostro Paese a Gulliver, il personaggio creato da Jonathan Swift, grande e grosso ma reso impotente dai mille piccoli fili dei Lillipuziani che lo legano a terra.

Eppure, la battaglia contro la burocrazia è uno dei temi cari a tutti i governi, di destra e di sinistra: dal 1994 al 2008 sono state varate 5.868 leggi sulla semplificazione a cui sono seguite 6.655 misure di ‘complicazione’.

Ci si è accaniti in questi anni sull’enorme corpus legislativo italiano, tagliando 67.872 atti normativi che erano però già inutili. L’ultimo atto eclatante era stato il “rogo della semplificazione” dell’allora ministro Roberto Calderoli quattro anni fa, quando vennero bruciati faldoni interi con “350mila leggi inutili”.

Bene, a tutto questo non è seguito nulla di fatto se è vero, come lo è, che per ogni 10 leggi abolite ne nascono dodici nuove e di queste neanche tutte riescono a entrare in vigore.

La Commissione punta il dito non solo sulla falsa semplificazione ma anche sulle colpevoli dimenticanze della politica: degli oltre 1.200 decreti attuativi che servono per far partire le leggi dei due governi precedenti, ne sono stati fatti solo 462.

Questo accade perché si prevede che i decreti vengano emanati “di concerto” tra i vari ministeri, come ha sottolineato il sottosegretario alla Presidenza Giovanni Legnini, ma all’atto pratico si rivela una soluzione inutile e impossibile: insomma, non ci si mette d’accordo tra i vari rami interessati dai decreti attuativi, rendendo le leggi carta straccia.

Rizzo ricorda le parole dell’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, di un mese fa: alcuni provvedimenti sulle liberalizzazioni del primo pacchetto Bersani, risalenti al 1997, non possono essere attuati perché mancano le disposizioni.

Gli esempi non mancano. Lo Sportello Unico per le Imprese è stato creato nel 1998 e non è ancora efficace, come ha denunciato il dg della Banca d’Italia Salvatore Rossi. Secondo Federdistribuzione l’1,15% del fatturato del commercio, pari a 1,4 miliardi l’anno, viene speso in burocrazia. L’associazione dei trasportatori Confetra ricorda che, dati Ocse alla mano, in Italia servono 19 giorni per un’operazione di export, mentre in Francia e Spagna 10, 9 in Germania, 7 in Olanda.

Non si può non citare l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione: in vent’anni è cambiato 4 volte l’organismo che doveva occuparsene, dall’Aipa al Cnipa, arrivando alla DigitPa e all’attuale Agenzia per l’Italia digitale. Si ricomincia ogni volta dall’inizio, mentre i documenti sono ancora lì, in forma cartacea, rendendo a volte impossibile e sempre tortuoso e dispendioso il rapporto tra aziende, privati e pubblico. Tutto fermo o quasi: dopo un anno, secondo il Servizio studi della Camera, sono stati adottati 17 dei 55 adempimenti necessari per far partire la “rivoluzione digitale”.

I “professionisti della burocrazia” creano norme sempre più intricate e dettagliate che non sono bloccano lo sviluppo ma “sono state fertile terreno di coltura per un contenzioso giurisdizionale arrivato a livelli insostenibili quando non di diffusi fenomeni corruttivi”, come indica la relazione della commissione Tabacci.

Le norme complicate hanno permesso alla struttura burocratica di essere immune “per le responsabilità penali, trovando rifugio nella copertura legislativa”. Insomma, una sorta di legge dell’autoconservazione: invece che semplificare si complica, si mantengono solide posizioni da burocrati e si manda in rovina tutto il resto.

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