Riforma costituzionale: l’abolizione del CNEL, i costi della politica e gli strumenti di democrazia diretta

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In questo video ci occupiamo di tre ulteriori aspetti del progetto di riforma della seconda parte della Costituzione: l’abolizione del CNEL, la riduzione dei costi della politica e gli strumenti di democrazia diretta da parte dei cittadini (i referendum e le proposte di legge dei cittadini). Vediamoli di seguito, punto per punto.


L’abolizione del CNEL
In primo luogo parliamo del CNEL. Il disegno di riforma della seconda parte della Costituzione va ad abrogare quella previsione costituzionale che ne rendeva necessaria l’esistenza. Ciò non significa automaticamente un’abolizione, ma sarà necessario successivamente andare ad abrogare le singole leggi che oggi regolamentano il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.

I costi della politica
Per quanto riguarda i costi della politica il discorso è un po’ più complesso in quanto sicuramente, se la riforma verrà approvata, il numero dei senatori calerà a cento e i nuovi senatori non avranno diritto all’indennità. Questo, quindi, comporterà un piccolo risparmio di spesa per quanto riguarda il bilancio pubblico. Tuttavia la gran parte dei costi della politica non è dovuta ai costi direttamente sostenuti per le indennità dei parlamentari, quanto piuttosto ai servizi di funzionamento di cui generalmente godono i rappresentanti delle due Camere. Da questo punto di vista bisognerà quindi vedere come la riforma viene applicata concretamente avendo però presente che un Senato composto da Consiglieri Regionali – quindi non da senatori a tempo pieno – avrà sicuramente bisogno di strutture di supporto sufficientemente efficaci per permettere all’organo di funzionare.

Gli strumenti di democrazia diretta
Il terzo punto che trattiamo a proposito della riforma della seconda parte della Costituzione riguarda invece gli istituti di democrazia diretta. In primo luogo vi è una modifica della disciplina costituzionale dei Referendum e delle proposte di legge presentate da parte dei cittadini.

Il quadro attualmente vigente a proposito dei Referendum prevede che possa essere richiesto da 500mila elettori oppure cinque Consigli Regionali, e che esso sia valido laddove partecipino alla consultazione il 50% più uno degli aventi diritto, ossia si raggiunga il famoso quorum. La riforma introduce una possibilità ulteriore: se la richiesta proviene non da 500mila ma da 800mila elettori si determina un abbassamento del numero di elettori necessari affinché la consultazione sia valida. A che numero? La Costituzione non offrirà un numero preciso, ma determinerà il cosiddetto Quorum mobile. Questo vuol dire che il referendum sarà valido – se richiesto da 800mila cittadini – laddove partecipino alla consultazione un numero di elettori pari al 50% più uno di quanti hanno votato alle ultime elezioni politiche.

Volendo fare un esempio: se alle elezioni politiche hanno partecipato l’80% dei cittadini, il quorum del referendum sarà fissato al 40% più uno degli aventi diritto. Ciò non toglie che, se la richiesta dovesse pervenire da un numero più basso, e cioè da 500mila elettori, la disciplina costituzionale rimane la stessa che abbiamo conosciuto in questi 50 anni di Storia Repubblicana.

Infine vi è una piccola modifica anche per ciò che concerne l’iniziativa legislativa popolare. Qui, la Costituzione vigente prevede che, per proporre una legge al Paramento ci debbano essere a supporto le firme di almeno 50mila cittadini. Questo numero, secondo il disegno di riforma della seconda parte della Costituzione viene innalzato a 150mila prevedendo però che il regolamento parlamentare offra migliori garanzie di considerazione della proposta avanzata dai cittadini, una volta che questa sia giunta in Parlamento.

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