Riforma Costituzionale: Il rapporto tra Stato e Regioni

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Il secondo asse portante del disegno di Riforma della seconda parte della Costituzione concerne il rapporto tra Stato e Regioni. Sotto questo profilo i punti più rilevanti da affrontare sono essenzialmente tre. In primo luogo viene operata una riallocazione allo Stato Centrale di alcune competenze legislative che la riforma del Titolo V della Costituzione operata nel 2001 aveva – almeno in parte erroneamente – affidato agli Enti Regionali. Si tratta in particolare di materie come le grandi reti di trasporto. Ma vediamo di seguito gli altri punti chiave.

Il secondo punto da evidenziare nel nuovo rapporto tra Stato e Regioni voluto dalla Riforma costituzionale concerne il superamento di quella che veniva chiamata la podestà concorrente. Nell’attuale Titolo V, infatti, numerose materie sono affidate alla legislazione regionale, ma nell’ambito di principi stabiliti dalla legislazione statale. Ecco, questa competenza viene meno, mentre la riforma articola i rapporti soltanto su due categorie di materie, quelle di competenza regionale e quelle di competenza statale.

Il terzo punto concerne l’introduzione di una clausola di supremazia in favore della legislazione dello Stato centrale, laddove sia giustificata dal perseguimento dell’interesse nazionale o dalla necessità di garantire l’unità giuridica ed economica del Paese.

Volendo operare una sintesi, dal punto di vista delle competenze materiali il disegno di riforma pronuncia una limitazione delle competenze riservate alle autonomie regionali, e quindi di conseguenza un’esaltazione di quelle riservate allo Stato centrale.

Tuttavia questo elemento dovrebbe trovare una compensazione di carattere procedurale. Infatti, come abbiamo visto nei precedenti video, il Senato delle Autonomie dovrebbe garantire la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni all’esercizio della funzione normativa da parte dello Stato Centrale.

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